(C) Dedichiamo l’Apologia alla “riforma Valditara”, che riforma non è, ma solo l’annuncio dell’intenzione di reintrodurre una possibilità di studio del latino nella secondaria di primo grado (media inferiore), accompagnata dalla presenza nei programmi dei classici come Iliade, Odissea ed Eneide e della Bibbia. Scandaloso passatismo, retrogrado rispolveramento di vecchi cavalli di battaglia ideologici? Così si esprime Repubblica. Che rincara la dose sull’apprendimento a memoria (che i francesi chiamano par coeur) e guai se il soggetto studiato è “La pioggia nel pineto” di quel nazionalista di D’Annunzio. Vorrei anch’io fare qualche osservazione critica, ma di tutt’altro segno.
(S) Ascolta prima le nostre. Repubblica obietta che Valditara non ascolta i giovani, io sostengo che non ascolta le necessità dell’impresa e del lavoro. La cosa più evidente oggi è che le imprese non trovano lavoratori adatti e competenti e che i giovani competenti e volonterosi trovano conveniente andare all’estero.
(O) Sbagliato! Quello che manca nella scuola, ma direi in tutto il mondo giovanile, è la capacità di suscitare motivazioni adeguate. La verità è che chi va all’estero sono i pochi che non si accontentano, quelli in cui non si è spento il desiderio di cose vere e grandi. Non trovano la risposta giusta nella scuola, perché non la vedono dopo, nell’orizzonte della vita vera, di cui la scuola non può che essere anticipazione, quasi una metafora.
(C) Un po’ di ragione l’avete ambedue. Parto da quest’ultima osservazione di Onirio. Ovviamente non prendo in esame la figura retorica come tale, ma quello che essa suggerisce, la trasposizione simbolica, nella vita reale, di qualcosa di più di quanto la realtà sembra concedere. L’apprendimento non è mai solo fine a se stesso, cioè a trasmettere una particolare conoscenza o abilità, a questo possono provvedere le “istruzioni per l’uso” e in epoca internet-mediatica i “tutorial”. Così è tutta la “vita scolastica”, che inserendosi nella vita reale quotidiana comunica alla persona in fase di educazione nuovi valori, nuove motivazioni, desideri e speranze. Più della vita “reale”, alimenta sogni e propone ostacoli, provoca soddisfazioni e delusioni. Confronta il soggetto con l’oggetto, la ‘dura’ realtà, ma lo rilancia oltre la contingenza.
(O) Forma la persona nella sua totalità, non solo il competente, il lavoratore, l’imprenditore. Cioè l’uomo e la donna adulti.
(S) Oh! Mica volevo proporre un sistema subordinato all’impresa, anzi, è la dignità del lavoro come tale che non è salvaguardata da una formazione puramente concettuale ed astratta. Nell’epoca dell’intelligenza artificiale bisognerà ancora saper piantare un chiodo, avvitare un bullone, attaccare un bottone, cucinare un uovo e molto altro di manuale e pratico. Vogliamo tenerli ore a studiare lo scudo di Achille?
(C) Sulla prima osservazione sono molto d’accordo. Rimetterei qualcosa come le “applicazioni tecniche” o la “vecchia economia domestica”, oggi anche per i maschi. Sarebbe un’introduzione pratica a molte materie che poi verrebbero formalizzate. Si comincia a capire come funziona la cottura dei cibi o il lavaggio dei panni e sono già i primi passi di chimica, fisica, meccanica, biologia, igiene. Forse si comincia a capire che è utile e magari anche bello fare l’idraulico, l’elettricista, il cuoco o il casaro.
(O) Mi rimane una preoccupazione, non vorrei che introdurre troppe e troppo disparate materie finisca per abbassare ulteriormente il livello dell’apprendimento. Con il risultato che al termine del ciclo unitario la formazione sia insufficiente, nello specifico, sia per chi prosegue gli studi, sia per chi si indirizza, spesso costretto, verso una professionalità più pratica.
(C) È una giusta preoccupazione. Ma dipende poco dal programma e molto dalla qualità degli insegnanti. Questa poteva essere la critica sensata a Valditara, che la vera riforma della scuola consiste nel miglioramento continuo dei docenti, nel loro aggiornamento e nel sostegno della dignità sociale del loro lavoro, che avendo come materia prima la persona, è senza retorica il più prezioso di tutti. Una seconda critica sensata potrebbe essere espressa dal timore che l’intervento riformatore si limiti ad una sostituzione di programmi e non ad una evoluzione del metodo. L’unica grande riforma che l’Italia repubblicana e democratica ha conosciuto, la Media unica, non ha raggiunto tutti gli scopi che si era prefissa perché ha semplificato i programmi restando nozionistica, solo abbassandone il livello e svilendo il concetto di merito. Sarebbe davvero un errore pensare di reintrodurre il valore del merito come era pensato sessanta anni fa: tornerebbero valide le obiezioni di don Milani. La sua professoressa, che bocciava chi non sapeva che Giove era il padre di Minerva, fortunatamente non esiste più, ma non vedo ancora generalizzata la capacità di adeguare l’insegnamento all’individuo e di usare la valutazione allo scopo di incentivare lo studente a migliorare se stesso. Così rispondo anche alla critica più sensata di Repubblica, che questa “nuova scuola del merito crei due percorsi differenziati per chi proseguirà gli studi fino all’università e chi no. Una scuola veramente democratica ed efficace sarà quella che finalmente creerà percorsi differenziati per ciascuno. È un bel paradosso, lo so!
(C) Costante (S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti
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