Il 18 gennaio scorso, nel convegno di Comunità Democratica a Milano, non c’è stato nessun assalto alla leadership di Elly Schlein nel Pd come alcuni retroscenisti dei maggiori giornali avevano sussurrato. Tanto meno si è parlato di un partito cattolico e neanche di una struttura organizzata.
In realtà si è discusso di politica con tanto entusiasmo, grande partecipazione e voglia di futuro stando lontano da nostalgie di potere se non quella di una buona politica italiana ed europea da attuare in concorso con le persone attive nelle attività civiche ed anche in altre forze sociali e politiche.
Molto significative, al riguardo, le parole di Ernesto Maria Ruffini, indicato da molti media come il possibile federatore di una forza centrista o dell’intero centrosinistra: “Il punto non è costruire nuovi partiti o aree all’interno di un partito, ma coinvolgere nuovi elettori andando a cercarli in quella metà di popolazione che ha smesso di affidare alla politica le proprie speranze”.
Questo punto echeggia e conferma le conclusioni della Settimana Sociale dei cattolici di Trieste del luglio scorso con la straordinaria partecipazione di Papa Francesco e del Presidente Sergio Mattarella.
Da sottolineare è anche la contestualità con il parallelo convegno di Orvieto di “Libertà Uguale” – riformisti del Pd – con il quale vi sono stati collegamenti audiovisivi – Prodi, Castagnetti, Giorgio Tonini – che hanno rimarcato gli analoghi sforzi di analisi e ricerca di buone pratiche.
A Milano c’è stata un’ondata di idee e proposte che andranno rese organiche ma che sono validissime. La richiesta di tutti i partecipanti, particolarmente sottolineata da Lorenzo Guerini, è stata di spronare il laicato cattolico ad uscire dall’ambito prepolitico e di intervenire sui problemi più rilevanti. Ne scelgo tre che mi pare rappresentino abbastanza bene il filo rosso della discussione.
Uno. “La democrazia si difende con la partecipazione”, ha ribadito Romano Prodi. Tesi rilanciata in chiusura da Del Rio attraverso la valorizzazione delle “reti sociali”, già esistenti, o da realizzare: “Si costruisca una comunità di persone che si parlano, si ascoltano, si riconoscono” e scelgano poi loro con coerenza le strade operative. Secondo Castagnetti: “C’è una vivacità culturale che sta tornando e che merita accoglienza e fiducia nel centrosinistra”.
Due. Europa e battaglie contro i nazionalismi. Su questo punto è stato emotivamente fortissimo il richiamo a De Gasperi e alla sua idea di politica estera e Difesa comune, purtroppo a suo tempo fallita. È questa la migliore arma per una pace giusta nel rispetto del diritto internazionale.
Tre. Giustizia sociale. Bisogna guardare agli “ultimi” ma anche ai “penultimi. Cioè al ceto medio impoverito. È necessario che il Pd non trascuri il peso di un tema che si connette con l’efficienza del sistema. La produzione industriale è in forte calo da troppi anni e così non si aiuta la classe lavoratrice. Serve pensare una nuova prospettiva di governo.
In sostanza sono uscito soddisfatto dal convegno di Milano. E non era scontato, come avevo scritto anche qui qualche settimana fa, perché ho un rapporto non facile con le identità storiche quando non si rendono conto che non possono restare “immobili” ma debbono vivere, muoversi e diventare protagoniste della realtà con una visione di futuro. Alcuni amici mi criticano questo rapporto problematico con le identità del passato. Per me invece è un punto fermo.
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