Era l’unico leader europeo presente all’Inauguration Day trumpiano. Saprà bene usare lo speciale feeling col nuovo capo Usa? La speranza è che sì. Che Giorgia Meloni agisca non per conto dell’Italia e basta, sfruttando una favorita via di dialogo col tycoon. Ma per conto dell’Europa, un po’ sospettosa e un po’ attendista e un po’ imbarazzata verso l’arrembante premier tricolore.
Sarebbe dannoso un suo, di lei, impegno nazionalista. Necessita invece un ricamo politico continentale per cucire il rapporto fra Stati Uniti e Ue. Trump ha strappato: vuole al di là dell’Atlantico alleati meno freddi, meno vaghi, meno ambigui verso l’America. Minaccia dazi, chiede più soldi ai membri Nato, sollecita iniziative anti-migranti simili alle sue. Un pacchetto inaccettabile nell’insieme, così com’è. Andrà aperto, discusso, modificato. E ci vorrà la mediazione giusta, quella appunto attesa da Giorgia.
Un’Italia che andasse in solitaria farebbe il percorso breve del guadagno immediato e della perdita sul lungo periodo. Magari spunti qualche tariffa al ribasso, però è un vantaggio che ti si ritorce contro, se dentro l’Europa vieni isolato. Viceversa, un agire d’intesa con la presidente della Commissione di Bruxelles e con le voci dei governi di maggior peso internazionale -ovvero Germania e Francia, pur se da rifare l’uno e in panne l’altro- darebbe risultati positivi nel confronto con The Donald e rafforzerebbe l’Italia nella dialettica con l’Ue. È una questione di realismo, lungimiranza, astuzia. Astuzia, ecco. Dote che sembra appartenere alla Meloni e di cui domani ci sarà più bisogno di ieri.
L’inquilina di Chigi -eventuale facilitatrice d’armonia transoceanica- può agire senza dover temere sgambetti: non dall’opposizione, che è d’una fragilità prossima all’inconsistenza. Non dalla maggioranza, dove tiene in soggezione gli alleati. Li blandirà portando avanti l’unica riforma condivisa, sulla giustizia; sembra incline a glissare circa il resto. Una mina poteva rappresentarla il referendum sull’autonomia differenziata: la sua cancellazione ributta la palla alle Camere, e qui s’annuncia una partita destinata a durare a lungo. Prevedibilmente oltre la fine della legislatura. Come del resto accadrà per il premierato forte: il sasso è stato gettato, e tanto basta. La Meloni, che premier forte è già di fatto, non lo innalza a questione privilegiata. La questione privilegiata è l’altra: essere il ponte girevole fra Trump e Von der Leyen, badando a evitare scelte campate in aria.
You must be logged in to post a comment Login