Abbiamo terminato il tempo natalizio con un annuncio straordinario, “Dio si è fatto uomo”, ma il nostro mondo è distratto, travolto da una incomprensibile corsa al consumismo. In contrasto a questo clima godereccio, esiste anche a Varese la triste realtà dei “senza fissa dimora”, vera piaga in una società civile e di tradizione cristiana. Si tratta di persone ormai prive di riferimenti familiari e senza un progetto di vita.
A Varese in viale Borri esiste la RSA Molina nata alla fine del 1800 proprio come risposta a questa piaga, anche allora molto diffusa. Furono vari i tentativi per dare una risposta concreta a tale disagio, fino a quando il sindaco dottor Francesco Magatti affidò l’attuazione di un ricovero di mendicità alla Congregazione della Carità (7 novembre 1872). Il ricovero ebbe sedi provvisorie fino a quando il presidente avvocato Ferruccio Bolchini acquistò (9 agosto 1915) uno stabile in disuso in viale Borri (cenni storici da “Famiglia Bosina” 1977, articolo di Rino Pajetta). Attualmente quali risorse offre la città di Varese a queste persone?
Le suore della Riparazione di via Bernardino Luini, dopo anni di servizio prezioso, offrivano alla sera (con l’aiuto di più di 100 volontari) un sacchetto viveri per la cena. Causa l’età avanzata, hanno terminato lo scorso novembre la loro opera fatta con costanza e carità, rispondendo fattivamente alla sollecitudine di Cristo: “Bussate e vi sarà aperto”.
Attualmente questo servizio serale, oltre a quello del pranzo, continua presso la casa della Carità alla chiesa della Brunella per iniziativa della Caritas varesina e del Pane di Sant’Antonio.
La Casa del viandante (via Brunico, 31) offre ospitalità dalle 14 alle 17 da lunedì al sabato a circa 30/40 persone, dando loro la possibilità di curare la pulizia personale, di avere cibo e incontri amichevoli. Il dormitorio comunale di via Maspero offre ospitalità notturna a 30/40 persone. Ma la realtà drammatica di persone costrette a cercare ricovero notturno sotto i portici persiste. Tutti siamo in grado di comprendere che in un ambiente ritenuto civile e con tradizione cristiana una situazione come questa non è più accettabile.
Qualche riflessione non solo appare opportuna, ma si impone. Anzitutto è doveroso chiederci quale priorità occupa questo problema nei progetti del Comune di Varese e in altre associazioni d’assistenza. La risposta “hanno tagliato i fondi” è reale, ma la politica intesa come arte per una convivenza sempre più dignitosa per le persone, in particolare per i poveri, sa trovare e mettere in campo fantasia e coraggio per impegnarsi su altre strade.
Anche la comunità cristiana deve interrogarsi. Nei decenni passati nella zona di Varese sono state costruite chiese con costi molto elevati. Con maggior sapienza sono state realizzate chiese semplici, ma ugualmente decorose, molto meno costose. La gente di fede semplice delle nostre comunità guarda con ammirazione e stupore e si lascia interrogare dal Figlio di Dio, che sceglie di venire al mondo in una stalla, povero tra i poveri. La storia della Chiesa ha sempre visto nascere persone di fede capaci di gesti coraggiosi, tenendo presente la predicazione di Gesù tra i poveri.
Don Ernesto Mandelli, Cappellano della Fondazione Molina
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