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Attualità

HATERS COI FIOCCHI

FABIO GANDINI - 17/01/2025

neve

La nevicata del 1985

Prima l’idea, forse non originalissima ma in un certo senso doverosa, poi il pezzo, pensato, scritto e confezionato da giorni, ad attendere lo scoccare dell’anniversario.

In redazione siamo ancora fermamente convinti che i 40 anni dalla Grande Nevicata del 1985 – l’episodio meteorologico forse più celebre dello scorso secolo, in tutta Italia, non solo alle nostre latitudini – meritassero un’attenzione particolare. Ricordare quei metri di neve che per tre giorni sospesero la vita di un’intera città avrebbe potuto significare rammentarne l’unicità, dal punto di vista scientifico e storico, oppure la bellezza, che ha stimolato scrittori e cantanti, o infine il suo tratto calamitoso, che creò ingenti problemi, risolti solo dopo settimane.

Tre chiavi giornalistiche tutte legittime e, se ben sviluppate, anche potenzialmente interessanti. Nessuno di noi ha però avuto dubbi: la parola va data alla scienza, la sola in grado di rimembrare quando accadde da un punto di vista oggettivo, scevro da qualsivoglia retorica, basato esclusivamente sui dati, ma anche di raccordare il passato al presente, di interpretare una transizione, di fare una previsione.

E poi non una “scienza” qualunque, ma quella che rappresenta un vanto del territorio, quella di una Varese riconosciuta per precisione, abnegazione e innovazione, quella del Centro Geofisico Prealpino. E allora ecco la telefonata al bravo Paolo Valisa, gran sacerdote della nostra meteorologia: una mezz’ora di chiacchierata con il taccuino davanti a riscrivere quei giorni con riferimenti a carte, centimetri e record.

«Dottor Valisa, potrebbe accadere ancora?» ci permettiamo di chiedere in fin di telefonata. Inevitabile la risposta: «Sono aumentate le temperature medie e quindi eventi meteo che sarebbero nevosi ora non lo sono più. Inoltre, con temperature miti più frequenti, la stagione invernale dal punto di vista meteorologico è diventata più corta…».

Non ci aspettavamo altro, sinceramente. E sapevamo che con questa postilla avremmo scatenato l’ira funesta e negazionista di una parte dei nostri lettori…

Pubblicato su Facebook, il pezzo inizia a “incassare” una buona serie di “like” e di commenti partecipati, tra ricordi e nostalgia. Qualcuno si lamenta con la scelta editoriale di commemorare «per l’ennesima volta» quel «maledetto 1985» e la sua opinione è rispettabilissima: l’argomento non è un inedito, ma è anche facile intuire perché.

Poi arriva lui, “bel bello” avrebbe aggiunto uno scrittore ben più celebre di noi. Lui, non invitato ma purtroppo atteso. Lui, o lei, che ormai compare in quasi tutte le discussioni social sul meteo, anche se con sembianze sempre diverse. Lui, che ha rabbia in corpo da vendere. Lui, che ce l’ha soprattutto con noi “mercanti del caos” (dove l’avevamo già sentita questa? Ah sì, durante il Covid…). Lui, che non è una singola persona, ahinoi, ma un modo sempre più diffuso di prendere una notizia e rielaborarla.

Lui, che scrive: «Questo articolo ha dei fini subdoli». E qualche “like” se lo becca, immaginiamo felice.

La definizione di “subdolo” è la seguente: “Che maschera sotto false apparenze intenti non lodevoli”… Proviamo a entrare nella mente dell’hater, consapevoli che si tratti di un viaggio pericoloso e contromano: la “falsa apparenza” deve essere la volontà di ricordare la nevicata, gli “intenti non lodevoli” sono evidentemente tutti racchiusi, invece, nella frase finale dell’esperto intervistato, che evidenzia per l’ennesima volta – non che ce ne fosse bisogno – il cambiamento climatico in atto.

Dovremmo sorprenderci, ma sarebbe stupido e tardivo. L’esperienza ormai ci insegna che ogni articolo di meteorologia elargito al popolo di Facebook diventa un drappo rosso sventolato davanti a dei tori. Presentando dati, citando esperti, scrivi di siccità, di temperature sopra la media, di neve che non arriva più, di perturbazioni sempre meno frequenti ma sempre più violente, “aizzate” dal calore presente in atmosfera: puntuali gli insulti.

Perché? Perché per loro «non è vero», perché «anche una volta era così», perché «mi ricordo quando ero piccolo e faceva caldissimo…», perché «quando ha piovuto ha sempre fatto disastri…», perché «meglio il sole della pioggia o della neve», perché «siete dei terroristi…».

Non è vero. Punto.

Lo dicono loro.

Che bella sarebbe un’altra nevicata da 122 centimetri (quelli che caddero tra il 13 e 15 gennaio 1985, dati - ca va sans dire – del Centro Geofisico) a seppellire questi nani dell’intelletto…

Ne basterebbero molti meno, in realtà.

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