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Memoires

LA TELETTA DI GUTTUSO

SILVANO COLOMBO - 17/01/2025

Silvano Colombo con suo papà e Renato Guttuso

Silvano Colombo con suo papà Alberto e Renato Guttuso in una foto di Gino Oprandi

Gino Oprandi (1927-1996) fotografo di Varese, notissimo testimone della vita cittadina nella seconda metà del secolo scorso, al quale ero affezionato per la sua maestria nel laboratorio fotografico di via Garibaldi a Biumo inferiore, e per l’affabilità della persona, scattò una fotografia per me memorabile in occasione della mostra Guttuso a Varese, che cura ai Musei Civici di Villa Mirabello nell’estate del 1984.

Fissò Guttuso che, con la mano sinistra, senza lasciar cadere l’immancabile sigaretta, prende per l’avambraccio mio papà, Alberto, e gli stringe la mano con la destra.

Sorride con aperta simpatia, che contrastava col solito atteggiamento riservato se non burbero e talvolta scostante che lo contraddistingueva.

Io sono in mezzo, compiaciuto, che assisto a questo inatteso trasporto e considero la composta riservatezza di mio papà, che tiene il cappello di paglia in testa e benevolmente ci sovrasta con la sua non indifferente mole.

La mostra fu allestita anche col vigilato concorso di Guttuso.

Mi spedì, ad esempio, da un suo collezionista di Parma per recuperare il Balcone a Velate, opera del 1967, fondamentale passaggio per arrivare al silente, meditato spazio di Spes contra spem. Un muto, stupefatto silenzio di fronte alla natura come la Passeggiata in giardino a Velate, del 1983, in chiave cechoviana, lo sarà nel suo spazio interiore.

Nell’arco di un anno, dalla mostra di Cairo nel 1983 alla sua, del 1984, ebbi modo di incontrarlo in diverse occasioni, per mettere a frutto una intervista rilasciatami a Roma, nel Palazzo del Grillo. In altri momenti, meno formali, l’incontro fruttò importanti risultati, come quello di esser venuto a visitare la mostra di Cairo, ai musei di Villa Mirabello, e rimanere soggiogato dalla espressionistica testa del Battista decollato, sul bacile di argento, che gli ispirò un omaggio a Cairo, a Gericault e a Giovanni Testori, esposto poi nella sua mostra varesina (in catalogo al n. 42. Anno 1983).

Pure, incontrarlo dopo aver lavorato al murale della Terza Cappella del Sacro Monte di Varese, e, come se niente fosse, mettersi al cavalletto per dipingere nello studio di Velate.

“Ma Renato, tu lavori tutti i santi giorni, come se fossi a cottimo” e lui annuì e in quel caso mi anticipò dicendo: “Vedi, dopo aver lavorato tutto il giorno sulla parete della Terza Cappella, per la Fuga in Egitto, ho bisogno di far riposare l’occhio, e la mano, e di concedermi misure più ridotte”.

La misura della sua aperta simpatica familiarità, tenuta gelosamente stretta di fronte agli altri, la ebbi quando, a mostra finita, sul fare dell’ottobre dell’84, prima di tornare a Roma, venne a trovarmi ai Musei.

Salì nel mio studio con in mano una sua teletta e mi disse: “Questa è per il tuo Museo”.

Il gesto, inconsueto ed inatteso, lo valutai ancora più pregnante perché Guttuso avrebbe potuto chiedermi di andare a trovarlo nella casa di Velate oppure spedirmi un suo amico a fare la commissione. No, viene lui ai Musei, da solo, con in mano una teletta neppure incartata. Poi, ed è il tratto per me più importante e struggente, mi dice: “È per il tuo museo”. Come se io fossi tutt’uno col Museo e non un dirigente in attività ma un amico che aveva collaborato ad allestire una mostra tutta sua, che diversi varesini da tempo gli promettevano, scandalizzati che nessuno mai ci avesse pensato, ma che non erano mai riusciti a portare in porto fuori dalle chiacchiere di convenienza dei loro salotti.

P.S. la tela regalatami per il mio museo, rappresenta una pianta isolata in un angolo del suo giardino. È ai Musei del Castello di Masnago, ma fino a pochi giorni fa non esposta. Grazie, Renato.

 ***

Renato Guttuso morì a Roma 38 anni fa, il 18 gennaio 1987. Il 31 dicembre 1986 si era spento nella sua casa di Varese Piero Chiara. Erano amici. E uniti dall’amore per la nostra città.

 

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