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Sport

VARESINO TI SCRIVO

FABIO GANDINI - 10/01/2025

vareseIniziato il nostro 2025 da loggionisti, senza soluzione di continuità con l’anno appena salutato, dal nostro cantuccio con vista sul parquet, sul campo e sul ghiaccio, cerchiamo di capire quali possano essere i buoni propositi per gli sport di squadra cittadini nei prossimi 365 giorni.

Cara Pallacanestro Varese, innanzitutto auguri: il primo agosto saranno 80 anni, tondi tondi. Come festeggiarli al meglio? Una salvezza senza patemi d’animo sarebbe gradita, ca va sans dire

Gli ultimi scampoli di gioco del 2024 e i primi del 2025 hanno restituito ossigeno alla compagine biancorossa, riemersa con due vittorie consecutive (non accadeva da un anno esatto) dall’apnea di sconfitte. Ora la classifica fa meno paura e la squadra pare essersi incamminata sulla strada di una piccola, a tratti ancora impercettibile, crescita. Ma non diciamolo troppo ad alta voce: il peccato è dietro il prossimo canestro, ed è fatto di mancanze di spirito, immaturità, stranezze tecniche e risposte parziali a bisogni reali. È accaduto spesso in questi anni afferenti alla nouvelle vague di Luis Scola, l’argentina – ma soprattutto l’America – al potere.

E allora l’auspicio vero per l’anno in corsa, oltre a non finire sacrificati come capretti sull’altare del dio della retrocessione, è la dimostrazione – da parte della nuova proprietà, intesa anche come appendice tecnica conseguente – di saper coniugare la freschezza delle proprie idee provenienti da un altro mondo con le reali esigenze di… questo mondo. Scriviamo di gioco, ovviamente: sarebbe auspicabile non rischiare più la pelle in campo in nome di principi che non riescono in alcun modo a dimostrare la propria utilità nel contesto italiano. E l’armonizzazione tra vecchio e nuovo è auspicabile avvenga fin dal mercato estivo, vero banco di prova per una società che ha sbagliato grandemente nelle due ultime due sessioni dello stesso cimento, sconfessando le logiche della normalità e della prudenza, inseguendo chimere, disdegnando l’esperienza e costringendosi a ricercarla – a costi più alti – a stagione in corso.

Vedremo.

Caro Varese, siamo a te.

Se posiamo lo sguardo sul Franco Ossola, continuiamo a vedere tanti seggiolini vuoti, figli di uno spettacolo che non può che attrarre solo gli appassionati più fedeli, di troppi anni senza professionismo e di uno stadio che andrebbe inserito nella Treccani come applicazione pratica dei termini “brutto”, “disfunzionale”, “vecchio”, “superato”.

Che quest’anno sia finalmente la volta buona per ripartire proprio da qui nel recupero di uno sport “quasi morto” nella considerazione dei tifosi locali? Così sembrerebbe: due cordate di imprenditori- una facente capo ai laziali di Aurora Stadium, “alleatisi” con la società del presidente Rosati, l’altra milanese-brianzola e rappresentata da un ex mito del basket italiano come l’ingegner Pierluigi Marzorati – avrebbero deciso (il condizionale è ancora d’obbligo) di unire le forze e di proseguire insieme nel progetto di costruzione di un nuovo stadio. Tempi lunghi, ma se il 2025 tenesse a battesimo il primo, ufficiale, atto di un’iniziativa attesa da almeno 20 anni, il passo verso il futuro sarebbe lungo e ben disteso.

Più lungo, di certo, di quelli compiuti sul prato verde di Masnago. Il Varese odierno è terzo nel girone A della Serie D, a 9 punti di distacco dalla capolista Bra: salvo miracolosi recuperi, significa che la promozione in C sarà obiettivo da spostare in avanti di un altro anno, come un debito che compare bilancio dopo bilancio senza essere mai pagato. E allora come fa a ritornare alta la febbre dell’interesse generale, in questi bassifondi della pedata?

Infine buon anno, cari Mastini.

A fine gennaio le Final Four di Coppa Italia, ancora una volta ospitate nella cornice ormai preferita di tutto il mondo del ghiaccio italiano, ovvero l’Acinque Ice Arena di via Albati, poi i playoff, da giocare da secondi, da terzi o da quarti in graduatoria: insomma, ancora una volta, l’unica fragrante speranza di alzare un trofeo per gli sportivi varesini è legata a pattini, mazze e dischi.

Di lupi nella favola, però, non ne mancano. E allontanano il lieto fine. Ma davvero è così duro e intransigente e insopportabile il coach sloveno Glavic, chiamato la scorsa estate a guidare dal “pino” gli hocheisti locali? Non siamo abbastanza “addentro” alle questioni giallonere per affermarlo senza fallo, ma è un fatto che attualmente lo spogliatoio sia in subbuglio, senatori compresi: lunedì scorso il capitano, Andrea Vanetti, un simbolo, non è stato nemmeno convocato per la partita.

Abbiamo scritto di senatori, parola chiave da interpretare per il domani dell’HCMV. La generazione che ha letteralmente ricostruito l’hockey in questa città, riportandolo prima a casa e poi alla vittoria (il double coppa-campionato del 2023), per ragioni anagrafiche sta sparando i suoi ultimi colpi.

Dopo di loro?

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