Che tempi quando nel baretto dell’imbarcadero di Porto Valtravaglia i teledipendenti degli anni ’50 si riunivano il giovedì sera per guardare Lascia o raddoppia con Mike Bongiorno e il sabato non perdevano per nessuna ragione al mondo la puntata del Musichiere con Mario Riva. Quanti ricordi! Il droghiere sotto i portici di via Roma vendeva caramelle, liquirizie, cioccolatini, zucchero, farina, vino e versava il latte sfuso con l’imbuto a chi si presentava con il recipiente da mezzo litro, da un quarto o anche solo da un decilitro. Tanto che la figlia Ambra, assistendo alla mescita, imparò a memoria il sistema metrico decimale molto prima di andare a scuola. E sempre in via Roma il diligente alunno elementare trovava in cartoleria matite, penne e pennini di ogni tipo, fini, medi, extrafini, gobbetti e piramidi.
Tutto ruotava intorno alla allegra e popolosa arteria principale del centro rivierasco affacciato sul lago Maggiore tra Luino e Castelveccana. Il corrispettivo, con le dovute proporzioni, di via del Corso a Roma, di Spaccanapoli, di corso Buenos Aires a Milano o, se volete, del Budello di Alassio e – perché no? – del Canal Grande a Venezia. Non mancava nulla. L’osteria con il retrobottega pieno di fiaschi e damigiane, il giornalaio, il calzolaio, il salumiere, la sala da ballo, il ristorante, la farmacia profumata di essenze di montagna. Perfino un edificio chiamato “la casa degli spiriti” perché si diceva che vi fosse stato commesso un omicidio. E poi il macellaio, l’elettricista, il barbiere, il lattaio, il fruttivendolo, la ferramenta e ancora il gelataio, l’ufficio postale e l’asilo infantile gestito dalle suore.
Che cosa è rimasto oggi della vita che una volta pulsava in via Roma? Quasi niente. “Qualche tempo fa un giornale locale ci descriveva come un paese senza vita dopo che i numerosi negozi del centro avevano chiuso i battenti. Un giudizio negativo benché purtroppo veritiero”, scrive sconsolata Lucia Barassi nella prefazione del libricino “Porto Valtravaglia: Via Roma e dintorni” (44 pagine, in vendita a 7 euro), curato dalla stessa Barassi con Sara e Marco Martignoni e scritto da diversi autori: Fiorenza Foster, Ambra Biletta, Giuseppina Giovanelli oltre ai tre curatori. Le foto, le cartoline, le mappe e i documenti d’epoca sono di Stefano Bianchini, di Marco e Armando Martignoni e di Giuseppina Giovanelli.
“Dedicato a tutti coloro che amano trasmettere i valori, la memoria e i ricordi pur consapevoli della loro inevitabile vacuità”, annota l’epigrafe con filosofica nostalgia. Il libretto è pieno di reminiscenze, basta scorrere i titoli: Lè ‘rivaa el batelin de Comm, Il gelato del Pedrin, La stanza del bucato, 1970, Via Roma: i miei ricordi, Partivo da casa…, Ferramenta Stornelli (l’unico negozio tuttora esistente). Tracce, flashback, rievocazioni. E testimonianze di un antico modo di vivere con gli altri: “Mio padre – racconta un’autrice – voleva aprire il nuovo negozio in piazza della Chiesa e per trasferirsi da via Roma avrebbe dovuto chiudere per molti giorni la vecchia bottega. Come fare senza perdere un giorno di lavoro? Eppure ci riuscì. Fu un miracolo? No, tanti uomini di Porto lo aiutarono a traslocare lavorando tutta la notte. Che tempi felici! Meno soldi in tasca e più solidarietà”.
Ora l’idea è di sviluppare lo spunto elegiaco per farne un libro: “Quando abbiamo presentato l’opuscolo nel corso di una serata alla Pro Loco è venuta molta gente, è stata una commossa dimostrazione di affetto – dice Sara Martignoni, insegnante scolastica e una dei curatori – Ci piacerebbe trovare il modo di portare avanti il progetto. Ci sono antichi mestieri che non abbiamo fatto in tempo a illustrare in questa edizione, il ciabattino, la sarta, la magliaia. Vorremmo anche sentire le scuole e la parrocchia che si affacciano su via Roma e ricordare personaggi che hanno dato lustro a Porto come Dario Fo e Nanni Svampa. Sicuramente anch’essi sono entrati in qualche negozio di via Roma e troveremo qualche aneddoto da raccontare”.
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