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Politica

CATTOLICI E CENTROSINISTRA

GIUSEPPE ADAMOLI - 10/01/2025

Graziano Del Rio

Graziano Del Rio

Le prossime elezioni italiane si terranno con ogni probabilità alla scadenza ordinaria, fra circa due anni e mezzo. Una previsione abbastanza facile per due ragioni. La prima: le discussioni interne alla maggioranza, benché evidenzino contraddizioni e disagi, non sembrano tali da lasciar prevedere terremoti. La seconda: le opposizioni nel complesso, al di là della buona tenuta del Pd, non godono affatto di gran salute e se continuano ad unirsi molto più per dire no al governo che per esporre le loro ragioni e proposte avranno un futuro amaro.

Per questo considero positivamente le discussioni che si stanno aprendo sul centrosinistra e sul Pd per trovare una piattaforma politica convincente anche per chi si è rifugiato nell’astensione. Faccio riferimento in particolare all’iniziativa di Comunità Democratica che sta nascendo su iniziativa di Graziano Del Rio e con l’apporto di personalità del calibro di Romano Prodi ed Ernesto Maria Ruffini, appena dimessosi dall’Agenzia delle Entrate.

Questi “amici” intendono rappresentare una larga parte dei cattolici democratici del centrosinistra, gli ex Margherita e gli ex Ppi come Pier Luigi Castagnetti per intenderci, e si troveranno a una prima manifestazione organizzata per il 18 gennaio a Milano.

Nel presentare l’iniziativa Del Rio afferma che: “La cultura cattolica democratica ha gli strumenti in grado di fare proposte forti e creative per affrontare i problemi del Paese, a cominciare dalla crisi demografica che, se non viene affrontata subito, metterà in crisi tutto il welfare, dalle pensioni alla sanità”. E aggiunge: “Siamo ad un tornante storico sia per l’Italia che per l’Europa e noi vogliamo rilanciare lo spirito coraggioso di De Gasperi sull’Europa con una cessione di sovranità all’UE.”

L’intenzione mi pare buona dal punto di vista culturale, c’è però una frase nel discorso di Del Rio che mi mette all’erta: “Chiediamo una maggior accoglienza e spazio, nel Pd o anche fuori dal Pd». Cosa vuol dire nei fatti? Vorrei capirci bene, guai se l’ambizione di un nuovo “contenitore” prevalesse sui contenuti come più volte avvenuto nella storia politica italiana. Lo sottolineo perché sui giornali questo dibattito sta ormai prendendo il largo.

Vedo due insidie: una è appunto il “contenitore”, la seconda è il cosiddetto “federatore”. Se una debolezza dei cattolici del Pd c’è, non è certo per la mancanza di un’altra corrente interna organizzata ma semmai di idee e intrapresa politica. È vero invece che esiste una parte di elettorato di cattolici, e non solo, che accetterebbe una coalizione con il Pd ma che non vuole farvi parte e nemmeno votarlo.

Di questa ipotesi di “centro autonomo” si continuerà a parlare molto dopo le delusioni di Renzi e Calenda. A questo proposito condivido l’opinione di Pier Luigi Bersani, tanto per citare una personalità che non viene dalla mia stessa storia politica: “Serve una grande forza liberale e democratica ma se torniamo all’idea di un centro che dirige il traffico, allora no, non ci siamo”.

E questo mi porta alla questione del federatore di una coalizione possibilmente molto ampia: la mia idea è precisa e netta: dovrà essere il leader o la leader del partito più forte e più votato. Oggi è Elly Schlein che ha fatto della unità di tutto il centrosinistra la ragione fondante della sua azione.

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