“L’ironia è una medicina, non solo per sollevare e illuminare gli altri, ma anche noi stessi, perché l’autoironia è uno strumento potente per superare la tentazione del narcisismo. I narcisisti si guardano continuamente allo specchio, si dipingono, si fissano, ma il miglior consiglio di fronte a uno specchio è ridere di noi stessi. Fa bene”.
È questo il consiglio di Papa Francesco alla richiesta di un parere sulle barzellette che prendono di mira i gesuiti, come lui, ma così come gli ebrei, e potremmo aggiungere i carabinieri. Un sorriso, così come il saper ridere, lo sdrammatizzare situazioni difficili possono essere una leva importante non solo per affrontare situazioni difficili, ma anche per guardare alla realtà sotto il profilo dell’apertura e non dello scontro, della comprensione e non della rabbia.
“È fondamentale saper ridere di se stessi. È di vitale importanza. Soprattutto per chi ci sta intorno. Tutte le tragedie dell’umanità sono state provocate da megalomani incapaci di prendersi gioco di loro stessi. Io cerco di non prendermi mai troppo sul serio”. Così un grande scrittore come Daniel Pennac ha raccontato come si debba considerare l’ironia come uno dei metodi vincenti non solo e non tanto per avere successo, ma anche per superare crisi e momenti difficili. Saper ridere vuol dire superare le ostilità preconcette, la tentazione di guardare il prossimo come un nemico.
Anche nel mondo del lavoro. Un mondo costruito sulle regole, sulle competenze e sulle gerarchie, che potrebbe sembrare il posto meno adatto per una battuta di spirito, per una benevola presa in giro o magari per uno scherzo anche quando non è Carnevale. Eppure non si possono dimenticare due elementi. Il primo: il mondo del lavoro è strutturalmente un mondo di relazioni, formale quanto si vuole, ma sempre basato sul confronto tra le persone. Il secondo: in un sistema sempre più condizionato e sostenuto da sistema automatici, come l’intelligenza artificiale, appaiono sempre più fondamentali quelle che vengono chiamate soft skill, competenze leggere, per le quali è importante soprattutto l’intuizione, l’emozione, la sensibilità.
Ecco allora che può diventare vero che “ironia e umorismo sono alla base della capacità di gestire le risorse umane. Sono caratteristiche chiave per il management moderno”. Parole che possono sembrare una provocazione se non venissero da una personalità come Paolo Iacci, che ha messo a frutto la sua profonda esperienza nel campo della gestione del personale, in un libro altrettanto piacevole quanto approfondito, un libro edito da FrancoAngeli e che ha per titolo proprio “Ironia”. Un susseguirsi di aneddoti, citazioni, esperienze e analisi che conduce ad allargare la visione dal mondo del lavoro alla nostra vita quotidiana per valorizzare i lati positivi e per stemperare i problemi dei lati negativi. “Sperimentare l’ironia e l’umorismo – scrive Iacci -anche nelle situazioni più complesse e difficili, aumenta le emozioni positive e attenua l’intensità percepita degli eventi negativi della vota. L’ironia aiuta a gestire lo stress e l’ansia, rende più piacevoli le attività quotidiane, migliora la creatività e la salute mentale”.
Certo, non bisogna buttare tutto sul ridere, anche nella dimensione dell’umorismo quotidiano deve prevalere la modica quantità, la capacità di capire il senso del limite, l’attenzione alla sensibilità delle persone. La regola è chiara come scrive Iacci: “Mai ridere degli altri e ridere sempre con altri”. E allora una giusta dose di ironia può essere a volte risolutiva per stemperare i conflitti e per guardare in maniera costruttiva ai rapporti umani.
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