La liberazione di Cecilia Sala è l’incrocio di favorevoli circostanze. Circostanza 1. Funziona il blitz di Giorgia Meloni a Mar-a-Lago. Convince il presidente eletto Trump che lasciare in carico all’uscente Biden l’imbarazzante ricaduta del problema della giornalista imprigionata sia la soluzione migliore. Ovvero: l’ingegnere dei droni Abedini Najafabadi, arrestato a Malpensa, non verrà estradato negli Usa. E forse/certamente sarà rimandato in Iran. Un passo indietro autorizzato dal nuovo inquilino della Casa Bianca e subìto dal predecessore. Che però abbozza. Deve abbozzare.
Circostanza 2. L’arrivo di Trump nella Sala ovale suggerisce agl’iraniani, in evidenti ambasce economiche/sociali, d’offrirsi al dialogo. L’occasione fornita dal duplice caso Sala-Najafabadi vien colta al volo, a dimostrazione che il fronte degli ayatollah non è compatto come ci s’immaginerebbe. Circostanza 3. La diplomazia italiana mantiene agganci determinanti in un mondo dove non risulta facile neppure avviarli, e dunque si conferma avanti -molto avanti- rispetto ad altri Paesi. Aggiungiamoci la qualità di chi lavora nei servizi segreti e nell’entourage del ministero degli Esteri: quando si parla d’eccellenze tricolori, guai a scordarsi di queste.
Circostanza 4. Siamo un Paese d’individualisti, ma talvolta ci riesce di fare squadra. Ne viene dimostrazione esemplare dall’opera svolta in silenzio ai diversi livelli istituzionali e burocratici: non sempre è andata in tal modo. Circostanza 5. L’universo politico all’unanimità applaude l’operato del governo, manifestando spirito nazionale/patriottico riassunto dal Capo dello Stato, il primo a complimentarsi con la Meloni. Si è andati al pratico: c’era un’italiana da salvare, esservi riusciti rappresenta una gioia condivisa. E quando càpita la rara occasione d’annotare un tale sentimento, c’è da rallegrarsi e basta.
Circostanza 6. Che contropartita Trump chiederà alla presidente del Consiglio? Probabile il rafforzamento del ruolo di pontiera tra gli Usa della neo-destra e l’Europa spaccata fra sinistra e destra. A nessuna delle due sponde atlantiche conviene, nel pragmatismo quotidiano, isolarsi in tignose specificità; a tutt’e due giova far prevalere quanto le unisce su ciò che le divide. La realpolitik indica nella Meloni l’interlocutrice utile a Trump, e lo stesso può dirsi a parti rovesciate: alla von der Leyen, che guida la Commissione di Bruxelles, serve una leader di governo conservatrice per assorbire le potenziali derive estremiste di chi comanda (comanda: non presiede) la più potente delle democrazie. Così potente da temerne il cattivo/pericoloso uso che le buone relazioni tricolori ci si augura siano in grado d’evitare.
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