Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare, non solo per te stesso, ma anche per donarlo agli altri… I versi di Elli Michler, anche se noti, non devono sembrarci soltanto un augurio rituale. Certamente non deve essere un augurio scontato per quelli che sono nevroticamente affaccendati.
Seneca li aveva “fotografati già al suo tempo come occupati, dimentichi degli autentici valori esistenziali. Augurio, invece, molto necessario per chi è dolorosamente soffocato da gravosi impegni. Insomma un messaggio per nulla ovvio. Non è facile definire il tempo. Lo sapeva bene sant’Agostino. Il periodo dell’anno liturgico, appunto il Tempo di Natale, è un aiuto per credenti e non credenti – o come diceva il Cardinal Martin per chi pensa e per chi non pensa – per riflettere anche su questo concetto e sul suo valore. Di che tempo abbiamo bisogno? E a quale tempo pensiamo? Sarà il tempo del Giubileo che inizierà ufficialmente il 24 dicembre alle ore 19, dopo che sarà aperta la formella della Porta Santa e che terminerà il 6 gennaio 2026? Un percorso interiore a cui siamo chiamati per una riflessione sulla speranza che deve anche inquietarci. Oppure il tempo passato che si raggomitola dentro di noi provocando riflessioni ben diverse? La mente va al 23 dicembre di quarant’anni fa quando un attentato in una lunga galleria dell’Appennino provocò sedici morti e duecento settantasette feriti tra i passeggeri del Rapido 904. E la memoria corre anche ad un’altra strage di un altro tempo quasi natalizio: l’attacco terroristico alla sede di Charlie Hebdo avvenuto il 7 gennaio del 2015. Vorremmo in questi casi augurarci che il tempo ci facesse dimenticare. Ma sarebbe un auspicio sbagliato e inutile. Non possiamo rinunciare a pensare. Così dovremmo anche pensare che in Paesi come la Cina in cui il Natale non è giorno festivo si stanno diffondendo molte consuetudini commerciali legate al consumismo, che spesso anche nel nostro mondo occidentale inquina lo spirito natalizio.
Anche senza la nostalgia di tempi passati, il discorso ci porterebbe lontano. O forse, al contrario, ci farebbe capire quale valore sia il dono del tempo: quello interiore, quello della memoria, quello che ci rende consapevoli della nostra fragilità umana.
E allora auguriamo davvero per queste festività di dare e ricevere tempo. Un bene che se rubato è il più grave furto. Pensiero ancora una volta di Seneca.
Soprattutto auguriamoci di combattere il pensiero veloce contrario alla meditazione riflessiva. Magari ancora una volta gli anniversari che punteggiano il 2025 potrebbero essere occasioni non di celebrazioni retoriche ma di pensieri per nulla scontati. Facciamo tre esempi, diversissimi tra loro.
A gennaio si ricorderanno gli ottant’anni da quando i cancelli di Auschwitz furono varcati dalle truppe russe.
A dicembre celebreremo i 650 anni della morte di Giovanni Boccaccio che ci dimostrò come il valore della parola vinse sulla paura di un mondo dilaniato dalla peste.
E per tutto il 2025 Varese ricorderà i settantacinque anni del Collegio De Filippi, un punto di riferimento educativo e di integrazione perché già negli anni Sessanta Varese seppe accogliere studenti africani.
Insomma auguri di buone feste, con brindisi e tombolate, ma soprattutto con il tempo di pensare.
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