Non c’è giorno della settimana che non sia dedicato a qualcosa. Anzi, pare che ci possano essere più dediche in uno stesso giorno, perché non ce ne sono abbastanza di giorni per tutti i temi da rammentare alla collettività. Il 12 dicembre, è stata la «Giornata Internazionale della Copertura Sanitaria Universale» (Universal Health Coverage Day), un appuntamento per riflettere sulle sfide legate all’accesso alla salute. Voluto dalle Nazioni Unite, l’evento voleva mettere al centro dell’attenzione la protezione finanziaria, perchè nessuno sia costretto ad indebitarsi per sostenere delle spese mediche.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), oltre due miliardi di persone hanno difficoltà economiche a sostenere le spese sanitarie e 1,3 miliardi rischiano la povertà. In molte parti del mondo, le famiglie devono scegliere tra accedere a cure essenziali o affrontare gravi difficoltà finanziarie. “Anche nei paesi ad alto reddito, la spesa sanitaria out-of-pocket rappresenta una minaccia, colpendo le famiglie più vulnerabili”.
E in effetti, guardando quel che succede con la sanità negli USA, c’è di che aver paura. Paura nel vero senso della parola. Perché lì, la sanità è una questione privata e la salute una responsabilità individuale e non un diritto. Se ti devi curare, devi avere un’assicurazione e le assicurazioni sono delle imprese che puntano a massimizzare il profitto riducendo i costi (Gaggi, Corsera 12.12).
Per cui, può accadere, come sta accadendo, che qualcuno che non è il medico decida addirittura la durata dell’anestesia. È l’assicuratore che stabilisce il numero di ore oltre il quale non si può andare, per non appesantire i bilanci della compagnia (Siri, La Stampa, 11.12). Ciò significa, per dire, che se il tempo dell’anestesia finisce mentre ti stanno tagliando un malleolo, pace. Vorrà dire che urli per un po’ e per non digrignare troppo i denti, magari, ti daranno qualcosa da azzannare. Dopotutto, era così, anche qualche secolo fa!
Il gesto di Luigi Mangione di uccidere l’amministratore delegato di un’importante compagnia americana di assicurazione, l’United Healthcare, Brian Thompson, è sicuramente il gesto di un folle. La reazione criminale di un soggetto esasperato da un sistema disumano, in cui milioni di persone si sentono abbandonate al loro destino, nei momenti più difficili dell’esistenza, quando si è malati e dunque indifesi. Per cui, in questi giorni, si registrano attestati di stima per il killer, col rischio che diventi addirittura un eroe, pur non essendo affatto una persona indigente.
In Italia abbiamo i nostri problemi con la sanità. Code, liste di attesa lunghe, lunghissime, per riuscire ad avere un appuntamento per gli esami clinici. Ma francamente, per noi è già da tempo una realtà quel che auspica il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus quando dice che “la salute per tutti significa che tutti possono accedere ai servizi sanitari di cui hanno bisogno, senza difficoltà finanziarie”. È la bellezza di quasi mezzo secolo che abbiamo un Servizio Sanitario Nazionale (SSN) che, finora, ha provveduto a darci (quasi) tutti gli strumenti per provvedere alla nostra salute.
Nell’ormai lontano 1948, l’art. 32 della Costituzione aveva già stabilito che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Nel 1978 la senatrice Tina Anselmi (1917-2016), democristiana, sindacalista e partigiana, fece dare attuazione a quell’indirizzo con la legge n. 833, con “ferma determinazione”, come ebbe a dire il nostro Presidente della Repubblica. Era e rimane una tutela per la dignità e per la libertà della persona. Rileggendola oggi, alla luce di quel che succede nel mondo, è un passaggio rivoluzionario, il primo strumento del genere in Europa, che aveva dovuto superare opposizioni di tutti i tipi, a cominciare dalle vecchie assicurazioni sanitarie di categoria, che venivano sciolte.
La proposta di legge di questi giorni di sanare con un tratto di penna le multe a chi si è sottratto all’obbligo della vaccinazione anti Covid-19, non aiuta. Va nella direzione opposta. Per un servizio sanitario, che voglia definirsi tale, la prevenzione è un caposaldo. Se volessimo metterla semplicemente sul piano finanziario, è l’unica maniera di abbassare i costi della sanità, facendo diminuire drasticamente gli accessi e le cure ospedaliere. E non aiuta neanche tutto questo allarmismo sul nostro sistema sanitario nazionale. Ha il sapore stucchevole di un’antifona per aprire la strada ad una sanità privata. Non ce n’è bisogno. Non è quello che serve. Basta ri-stringere i bulloni di quel che già abbiamo.
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