Fausto Coppi morì 65 anni fa, il 2 gennaio 1960 alle 8,45, in una cameretta dell’Ospedale Civile di Tortona in seguito a un attacco di malaria perniciosa non identificata dai sanitari. L’aveva contratta durante una tournée ciclo venatoria nell’Africa equatoriale francese. Era stato ricoverato il giorno di Capodanno. Era nato a Castellania il 15 settembre 1919. Ricordiamo qui l’episodio che lo rivelò al mondo del ciclismo nell’agosto del 1939, a Varese lungo le strade della Tre Valli.
La progressione decisiva la piazzò sulle rampe della Grantola. Si voltò e vide che i due compagni di fuga si erano staccati dalla sua ruota. Insistette nello sforzo, in vetta gli urlarono che aveva un buon vantaggio. Allora distese la sua azione elegante e poderosa volando lungo la Valganna. All’arrivo in viale Ippodromo la gente, stupita da tanta facilità di corsa, si chiese chi mai fosse quel ragazzo dal prominente torace e dalle lunghissime gambe. I più informati dissero che si chiamava Fausto Coppi e che veniva da Castellania, vicino a Tortona. Era il 13 agosto 1939. Quella Tre Valli in due prove (dilettanti e professionisti) – più una gara libera per indipendenti, quella disputata appunto da Fausto – assegnava le maglie tricolori ed era l’ultima selezione valida per definire la squadra azzurra in vista dei primi mondiali di Varese (2-3 settembre) cancellati dallo scoppio delle seconda guerra mondiale.
Non ancora ventenne Coppi aveva gareggiato nel “limbo” degli indipendenti come aggregato alla squadra della Legnano che alloggiava all’hotel Rosa Ticino di via Veneto, in seguito demolito per far spazio ai magazzini Coin. Accanto all’ingresso dell’albergo vi era il negozio di biciclette Ganna gestito da Lorenzo Bronzi, zio di Luciano futuro sindaco di Varese negli anni ottanta del novecento. Il sabato di vigilia il ragazzo di Castellania lo trascorse nel negozio curiosando tra pignoni, freni, moltipliche. Forse incuriosito dalla ritrosia e dalla timidezza del giovane atleta gli disse prima che se ne andasse: “se domani vinci nella tua categoria ti regalo un palmer”. Diversamente da quella dei professionisti e dei dilettanti, la prova degli indipendenti fu combattuta fin dal primo giro. All’inizio della quinta e conclusiva tornata si formò al comando un gruppetto di dieci corridori, tra questi il ragazzo ospite dell’albergo Ticino. Allungò il passo salendo verso la Rasa in direzione del Brinzio, si rese subito conto che alla sua ruota erano rimasti solo altri due giovani atleti come lui, Torriglia e Torchio. In loro compagnia Coppi accostò le prime rampe della Grantola imponendo un’andatura sostenuta, i due compagni d’avventura cominciarono a scivolare all’indietro. Per il giovane Coppi fu l’inizio di una marcia trionfale. I cronometristi, all’arrivo di viale Ippodromo misurarono un vantaggio di 6’,42”, un baratro rispetto agli avversari scavato in una manciata di chilometri.
Rientrò in albergo. Si rese conto che il negozio di biciclette era chiuso essendo domenica. Non si perse d’animo, chiese ad alcuni passanti dove abitava il ciclista. Per sua fortuna Lorenzo Bronzi alloggiava in un appartamento lì accanto. Salì le scale, suonò il campanello. Quando se lo trovò davanti si rammentò della promessa fatta il giorno prima. Scesero in negozio e gli donò un palmer di quelli buoni, stagionato al punto giusto. Quel ragazzo timido dalla lunghissime gambe, dai muscoli di seta, affusolati e potenti come quelli di un purosangue era Fausto Coppi. Nel “limbo” degli indipendenti, nella Varese di Binda e Antonio “Togn” Ambrosetti, era sbocciato il nuovo campionissimo che avrebbe cambiato la storia del ciclismo.
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