Dicembre, tempo di bilanci, quelli di conti pubblici, delle nostre storie personali, di quanto ha segnato il nostro tempo. Fare sintesi non è mai facile. Rischiamo, comunque, affermando che il pendolo del 2024 ha pericolosamente oscillato tra la follia delle guerre, e non solo quelle che per anni abbiamo falsamente definito guerre dimenticate, perché lontane da certi interessi, e l’attenzione, quasi in un crescendo rossiniano, all’intelligenza artificiale. Follia e intelligenza, il conflitto dei conflitti. In fondo questa è la condizione umana, quella per cui Seneca insegnava all’uomo di essere consapevole della propria fragilità, anche quando si illude di sentirsi potente. Proprio l’intelligenza artificiale dovrebbe ricordarcelo. O per lo meno farci riflettere su come ogni innovazione, considerata progresso, deve essere fecondata dalla cultura tramandata. In fondo l’AI, l’intelligenza artificiale, in realtà non è artificiale, come è stato detto in un convegno di pochi mesi fa a Varese.
Davvero repetita iuvant ma giova molto anche la nostra capacità di farci domande. Magari quelle alle quali l’intelligenza artificiale non sa ora – e speriamo non lo sappia fare mai – darci risposte. Un esempio può illuminarci.
Si tratta di un articolo che si può leggere sul sito “Agenda digitale”, con un titolo interessante: “Fare il Liceo Classico nell’era dell’IA: perché è una scelta vincente”. Inizia con una considerazione scontata ma sempre utile: “Le competenze umanistiche, come il pensiero critico, la comunicazione efficace e il ragionamento etico preparano gli studenti a navigare in un mondo tecnologico complesso con saggezza e adattabilità”.
È curioso il seguito. L’autore dell’articolo, padre sorpreso dalla scelta della figlia di iscriversi al Classico, si rivolge ad un particolare interlocutore. Ecco le sue parole: «Ho deciso di riassumere brevemente una lunga “discussione” che ho avuto, mentre guidavo, con ChatGPT-4 sulla scelta di mia figlia. Alla fine ho chiesto a ChatGPT di inviarmi un breve riassunto della nostra conversazione, includendo intuizioni chiave da ChatGPT e i nostri punti di vista talvolta diversi sul tema…».
Le risposte – tutte da leggere – sono ovviamente ben argomentate, visto che il “signor” Chat GPT non crea ma rielabora con cura i dati in suo possesso. Ne riportiamo due, a mo’ di esempio. Viene affermato che è importante iscriversi al Classico perché fornisce capacità comunicative e ragionamento etico morale. E con precisione si sostiene che la padronanza delle lingue antiche e un coinvolgimento profondo con la letteratura affinano le competenze comunicative in un mondo dove spiegare concetti tecnici a pubblici diversi è cruciale. Queste abilità sono d’oro. Così sentenziò Chatgpt aggiungendo che lo studio della filosofia e della storia fornisce una solida base in etica e nel ragionamento morale. Con l’avanzamento dell’IA le implicazioni etiche del suo uso diventano sempre più importanti. L‘educazione classica prepara gli studenti a affrontare questioni in modo riflessivo e responsabile. Risposte ineccepibili. Ma vale di più la conclusione dell’autore.
“Nel futuro dell’IA la saggezza, intesa come come auto-riflessione e capacità di comprendere le proprie emozioni e quelle degli altri sarà la competenza più cruciale. Questo tipo di saggezza, coltivata attraverso gli studi classici, favorisce l’intelligenza emotiva e l’empatia. È essenziale per comprendere veramente e migliorare il benessere umano”. Chissà se l’IA lo comprenderà? Noi di certo sappiamo il senso profondo dell’etimologia di intelligenza. Quella meno nota rimanda a inter legere, cioè collegare insieme. E in questo dobbiamo ammettere che l’Intelligenza artificiale ci batte per velocità e quantità di dati da mettere in relazione. Ma l’altra, più intensa, rimanda a intus legere, leggere dentro. Insomma riflettere.
Mai come in questo anno in cui nonostante il fatto che l’IA abbia collaborato a far vincere i premi Nobel per la fisica e per la medicina valgono le parole di un poeta: «I classici – ha scritto Giampiero Neri – possono rendere più limpido il nostro pensiero (e forse anche l’anima, restando sempre attuali». «Immagino i classici – continua Neri – (e noi aggiungiamo anche la forza racchiusa in singole parole ereditate dai classici) come dei lunghi treni che luminosi corrono anche nelle gallerie più buie della storia….». Perché, dunque, non leggere – o rileggere – un bel libro di dieci anni fa edito da Vita e Pensiero, intitolato “Ritorno ai classici”?
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