Una gelida serata di un lunedì a Varese, il 2 dicembre, per scoprire l’opera numero due di Carlo Meazza sul Monte Rosa, la montagna che già 32 anni orsono il fotografo varesino aveva celebrato con un volume. Ora c’è il bis ed è un altro capolavoro stampato con attenzione dalla Publinova Edizioni Negri (45€). La serata in sala Montanari è stata aperta da un filmato di 14 minuti con immagini di Meazza e la sua voce narrante: una meraviglia che ha subito emozionato e commosso la platea rimasta in religioso silenzio. Tutti catturati da un’atmosfera speciale. Merito di chi era sul palco con Meazza e anche di Sua Maestà il Rosa.
Perché proprio il Monte Rosa? È la montagna dei varesini, amatissima da Meazza e dai tanti della nostra zona che sanno alzare lo sguardo e vedere le terre alte. “Fin da bambino- ha ricordato l’autore – vedevo dalla finestra della scuola i tramonti infuocati sul Rosa. Uscivamo alle 17.30, era inverno; e quelle cime illuminate dai raggi rossi mi affascinavano. Chi è di Varese sa bene che il Rosa lo vediamo quasi da ogni strada, è una presenza costante. Rassicurante”.
Con Meazza sul palco c’erano l’attore Giuseppe Cederna e la scrittrice di Gallarate Marta Morazzoni, da sempre accanto all’artista varesino (anche se lui si considera un artigiano). I due hanno stimolato l’autore a svelare il perché di un secondo libro sul Rosa. “Fin da bambino – ha detto Carlo emozionato – mi tuffavo nella… neve del Rosa. Facevamo il bagno con altri amici alla Schiranna dove in certe giornate il Rosa si riflette in tutta la sua maestosità. E sognavo di tuffarmi lassù, nella sua coltre bianca. Papà Giuseppe (ottimo giornalista de La Prealpina e alpinista appassionato; n.d.r.) mi raccontava spesso del Rosa, delle sue cime che ho imparato a conoscere proprio dai racconti su quelle vette, su quei ghiacciai. Il Rosa è entrato subito nella mia vita. Qualcuno dice che il Rosa è la mia ossessione, forse ha ragione”.
“Un amico – ricorda Meazza – durante una sciata a Gressoney La Trinité ad una sosta esclamò: su questa montagna non c’è nulla di simmetrico, ma qui sopra è tutto in ordine. Una frase che mi torna in mente quando cammino lì: è perfetta per definire quell’ambiente. Anche se oggi vediamo che la montagna è malata ed i ghiacciai si sciolgono”.
La spiegazione del perché un secondo libro risponde ad una domanda che Meazza si è posto spesso: dove saranno finiti? Si riferisce ai personaggi che avevano popolato, con i loro volti, il loro duro lavoro in quota il primo libro. Che era fatto di foto di montagna e di vette, ma pure di immagini di chi ha scelto di vivere su quel massiccio, negli alpeggi. Optando per un’esistenza semplice e dura. Facendo vivere la montagna. “Mi chiedevo – ha raccontato Meazza – chissà dove sono finite quelle belle persone che avevo incontrato per il primo libro. Così sono andato a cercarle. Scoprendo che pure loro negli anni si erano chieste dove fossi finito. Domande che mi hanno confermato come quel rapporto nato 32 anni orsono fosse ancora vivo, anche se non ci vedevamo da tanto. Fra di noi c’era qualcosa di vero. Così ho ritrovato e intervistato quelle persone: la vita ci ha regalato una doppia emozione a distanza. È stato bellissimo”.
La scrittrice Morazzoni ha sottolineato come “questo (il libro; n.d.r.) sia un pezzo di vita di Carlo, è la tua autobiografia”. E ha citato una frase manzoniana, quella di Lucia che quando viene rapita dall’Innominato all’inizio non riconosce il paesaggio. Poi però si rassicura e dice: “Ho veduto i miei monti” perché all’orizzonte riconosce le vette e capisce di non essere lontana da casa. “Caro Carlo, il tuo monte di casa è il Rosa”.
Personalmente però più che ad una autobiografia penso che questo Rosa bis sia stato per Carlo una sorta di auto-analisi. “Quando l’ho pensato scendendo dalla seggiovia a Macugnaga – racconta – volevo fare un passo avanti per capire il senso della vita, del tempo che scorre. Questo tempo volevo impiegarlo per capire di più visto che ormai sono alla vigilia degli 80 anni. Non cercavo di fare un bilancio quanto fare un passo in avanti camminando in silenzio nelle valli del Rosa. Il futuro? C’è il desiderio di restare lì per sempre – e rivolge la testa verso la foto della montagna, alle sue spalle – così come ha fatto Ettore Zapparoli che la Est l’ha girata in lungo e in largo e lì ci è rimasto. In quei luoghi ho sempre vissuto un sentimento di serenità, di essere accolti e protetti”.
Luoghi che ha ripercorso ha ripercorso per il secondo volume sulla sua-nostra montagna. Regalandoci un altro capolavoro fotografico, ma non solo visto che la pubblicazione, come è consuetudine di Carlo, offre al lettore le sue bellissime immagini, ma pure testi di qualità. Così troviamo scritti di Luigi Zanzi (inedito), Barbara Zanzi, Marzia Verona, Teresio Valsesia, Enrico Rizzi (esperto sui Walser) e Luca Maggiolo. Un’abitudine letteraria che fa vivere i volumi di Meazza nel tempo: rivedere le sue foto è sempre una gioia. Con i testi che ad una rilettura a distanza di tempo regalano sempre emozioni e conoscenza. Non sono mai un contorno insipido. Leggere per credere. Anche su questa opera 2 sul Rosa di Carlo Meazza.
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