Il 18 e 19 novembre 2024 si è concluso a Brasilia il G20. Si tratta del raggruppamento informale internazionale che riunisce Arabia Saudita, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, India, Indonesia, Italia, Messico, Regno Unito, Russia, Stati Uniti, Sud Africa, Turchia e Unione Europea.
Ormai, siamo abituati a ragionare solo di una parte del mondo: l’Occidente erede dell’Europa di fine Settecento. Esistono altresì altri punti di vista, ben oltre il G7: ad esempio quello del G20, guidato da leader di 20 Paesi sparsi globalmente, che rilancia la palla a parlamenti, esecutivi e organizzazioni dei singoli Paesi, che tra l’altro dovrebbero informare cittadini ed elettori di ciò che hanno fatto, non fatto o faranno in questo e in altri simili incontri. Al G20 contribuiscono 148 fondatori, ripartiti fra 82 paesi, 24 soggetti internazionali, 9 istituzioni finanziarie internazionali e 34 organizzazioni filantropiche e non governative. Ma da noi non se ne parla proprio.
Provo allora a raccogliere qualche notizia contenuta nell’approvazione unanime della Dichiarazione dei leader di Rio de Janeiro che raccoglie i contributi dei gruppi di lavoro tematici elaborati nel corso di un anno, attraverso il paziente e testardo impegno diplomatico brasiliano, che rende visibile l’inadeguatezza del neoliberismo di fronte ai problemi del mondo.
I capitoli della dichiarazione riguardano: situazione economica e politica internazionale (art 2-13); inclusione sociale e lotta alla fame e alla povertà (14-34); sviluppo sostenibile, transizione energetica e azione climatica (35-60); riforma delle istituzioni di governance globale (61-84). Viene lanciata l’Alleanza Globale contro la Fame e la Povertà, e sottolineata l’urgenza di agire anche sulle catastrofi belliche in corso, in cui vengono riprese (art. 7-9) le posizioni dell’ONU e non della Nato.
Quello che mi sembra importante è il contenuto e il linguaggio che riflette concetti e progetti: ricorrono le parole diseguaglianza (9 volte) e inclusione (8), ritorna più volte la categoria giustizia sociale (4); sono quasi assenti i termini compassionevoli di aiuto (1) e solidarietà; ombratile il ritornello del mercato (1). È ovvio che non si tratta di scrittura casuale, ma di comunicazione, che intende essere significante e che colloca estirpazione di fame e diseguaglianza come imperativi. È rilevante l’articolo 25 sulla salute pubblica, in cui si sostiene la coalizione per produzione locale e regionale di medicamenti e si auspica il progresso del progetto Salute, che riconosce interconnessione fra salute umana, animale, vegetale e ambientale. Sull’intelligenza artificiale si riconosce che l’integrazione di tale tecnologia nei luoghi di lavoro dia migliori risultati “quando incorpora osservazioni e suggerimenti dei lavoratori” e, quindi, incentiva “le imprese a impegnarsi nel dialogo sociale”, mentre trattando dell’OMC/Organizzazione mondiale del commercio si tace sulle conseguenze delle sanzioni unilaterali.
Il G20 giunge ora ad inserire gli esclusi e altre urgenze al centro del dibattito. Per il Brasile, nel complesso, la conduzione del G20 si chiude con un bilancio positivo: essere arrivati in fondo ad un percorso lungo e irto di ostacoli già non è poco. Inoltre, dopo la chiusura vi è stata a Brasilia una giornata intensa di colloqui fra i presidenti Lula e Xi Jinping: molti accordi sono stati firmati, ma soprattutto all’indomani della elezione di Trump, che della azione contro immigrati e Cina ha fatto il perno del suo programma, Lula ha scelto di rafforzare i legami pacifici fra Repubblica federativa del Brasile e Repubblica Popolare Cinese.
Penso che abbia un notevole significato che nell’attuale crisi i BRICS facciano pesare una loro autonomia.
Stride, invece, che Joe Biden, ospite di un Paese terzo a Manaus, abbia autorizzato da lì l’Ucraina all’uso di missili a lunga gittata contro la Russia, proprio mentre si passa dall’elogio europeo della guerra alla fatica di pensare un futuro degno per l’immenso popolo del pianeta.
Joe Biden e la signora Meloni sono arrivati in ritardo per la prima. Anche le buone maniere, fiore all’occhiello europeo, sono andate alle ortiche. Due immagini quasi simbolo della distanza – o forse divergenza – che allontana sempre più il Sud globale dall’Occidente.
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