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Società

NEW MARKETING

ROBERTO CECCHI - 06/12/2024

trumpLa volta scorsa, su RMFonline, parlando della rielezione di Donald Trump, si diceva che ci sarebbe voluto del tempo, per capire un po’ meglio come sono andate davvero le cose da quelle parti. Per provare a darsi una spiegazione di come sia stato possibile rieleggere un presidente che, obbiettivamente, ne aveva fatte di cotte e di crude, al limite, se non al di fuori, della legalità. E in effetti, pian piano qualcosa emerge. Adesso, si capisce un po’ meglio il ruolo che hanno avuto i social in questa vicenda, per orientare il voto dell’opinione pubblica americana. In particolare, emerge il ruolo di «X», l’ex «Twitter», di proprietà del miliardario statunitense Elon Musk, che lo ha acquistato a ottobre 2022, per bella cifra di 44 miliardi di dollari, licenziando immediatamente i vertici aziendali e anche molto personale. Sembrava un’operazione senza senso di un megalomane che, inizialmente, ha rischiato di finire nel peggiore dei modi, con delle perdite in Borsa che ne hanno dimezzato il valore. E invece, ora, scopriamo che si trattava di una strategia politica molto ben organizzata, capace di sovvertire qualsiasi pronostico.

La Queensland University of Technology (QUT) di Brisbane, in Australia, in uno studio appena pubblicato, ha dimostrato che Elon Musk avrebbe fatto modificare l’algoritmo di “X”, il sistema di calcolo del social, per favorire le proprie comunicazioni, i suoi messaggi, i cosiddetti post, bypassando tutti i filtri e imponendosi come priorità assoluta agli utenti. Amplificando di un fattore 1.000 la sua presenza e diffondendo disinformazione, con messaggi costruiti in maniera estremamente sofisticata, per solleticare le aspettative di tutti e di nessuno “In sostanza, sotto la guida di Musk, X è diventata una piattaforma per diffondere idee estremiste e polarizzare il discorso pubblico” che alla fine hanno favorito l’elezione del nuovo presidente americano, usufruendo del traino offerto da questo sistema di comunicazione (Benanti, Maffettone, Corsera 1.12.24).

Qualcosa del genere, in questi stessi giorni, è accaduto anche in Romania, dove un personaggio quasi sconosciuto ai più, tale Călin Georgescu, è arrivato a conquistare la vittoria al primo turno alle elezioni presidenziali del suo paese. Adesso le “autorità temono che la vittoria di un pressoché sconosciuto, di estrema destra e scettico nei confronti della Nato, nonché ammiratore del presidente russo Putin, sia stata creata con un’operazione segreta condotta attraverso migliaia di falsi account”. E in effetti, le ultime notizie parlano di una Corte Costituzionale romena che sta valutando la possibilità di annullare le elezioni per interferenze russe. Stavolta, il protagonista del trambusto mediatico è TikTok, una piattaforma video sharing cinese, lanciata a settembre del 2016 e scaricata da 46 milioni di persone in tutto il mondo (dati di marzo 2024). Anche qui non sappiamo come andrà a finire, né se ci sia del vero o se siano solo supposizioni.

Di certo, il problema si pone e non è solamente politico, ma anche imprenditoriale. Di quell’imprenditoria potentissima e influente “dove la capitalizzazione di sole dieci società dell’immateriale vale circa un terzo di quella di tutte le altre società messe insieme (e le borse americane valgono da sole più della metà di quelle di tutto il mondo)” (Legrenzi 2024). In questo mondo dell’immateriale non c’è più posto per il marketing tradizionale. Si cerca di prendere quote di mercato sempre più importanti, senza guardare faccia a nessuno. Catturando i clienti-cittadini con qualsiasi tipo di messaggio “evocando divisioni, paure, fantasie anche assurde, illusioni, e diffondendo informazioni scollate dalla realtà ma tali da permettere l’aggregarsi in fazioni contrapposte tra loro” (Ibid.). Del tutto indifferenti al fatto che queste distorsioni possano provocare contraccolpi seri alla collettività.

Un cinismo “imprenditoriale” non dissimile da quello che portò alla crisi finanziaria dei subprime, alla fine del 2008, che ebbe conseguenze nefaste sull’economia mondiale, conseguenze che stiamo patendo ancora. Per noi, in Italia, tutto sommato, l’influenza dei media nella battaglia politica non è una novità. Anzi, forse, possiamo vantare una certa primazia col movimento M5S che, proprio con strumenti di questa natura, ha modificato profondamente il sistema politico nazionale. Adesso arranca, ma nel 2013 aveva ottenuto oltre un quarto dei consensi dell’intero corpo elettorale. Certo, non è paragonabile con quel che è successo negli USA in questi giorni. Il M5S riuscì ad utilizzare al meglio gli strumenti di comunicazione di massa esistenti, giocando sul fatto che era una novità. Non ci fu alcuna distorsione. Semplicemente fu usato con intelligenza un mezzo che altri non conoscevano oppure non sapevano usare. Quel che è accaduto negli USA, invece, per come sta emergendo in questi giorni, è una storia completamente diversa. Lì, come abbiamo visto, il sistema di comunicazione è stato piegato all’interesse personale di un singolo. Siamo sicuri che vada tutto bene?

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