Altro che mostro di Lochness. Sul lago di Varese sembra aleggiare una maledizione: quella della desertificazione industriale. La scorsa settimana abbiamo esaminato la crisi Whirlpool-Beko, dove si profilano per Cassinetta 800-900 esuberi, tra ridimensionamento del reparto “freddo” con quasi 600 addetti, e tagli di camici bianchi in uffici e laboratori. Aria di temporale minaccia ora le rive dirimpetto, quelle della Schiranna, dove ha sede la MV Agusta, produttrice di moto di qualità e profilo semi-artigianale. La KTM, la società motociclistica austriaca che la controlla, ha presentato un’istanza di fallimento controllato a un tribunale dell’Alta Austria dove ha sede. L’azienda di Mattighofen (la “M” della sigla), una quarantina di km a nord di Salisburgo, ha chiesto un concordato preventivo in cui la gestione resta al management. Il debito è pesante: quasi 3 miliardi di euro.
Se per Whirlpool, che dalla scorsa primavera è divenuta Beko (i Turchi hanno il 75% della società congiunta che gestisce le attività europee), la crisi viene da lontano. per KTM il rapido aggravarsi riflette errori di gestione, visto che negli ultimi anni le vendite erano andate costantemente aumentando. Forse troppo, senza un rafforzamento finanziario, organizzativo e commerciale. Così, appena il mercato ha cominciato a rallentare, a partire dagli Usa ma poi anche in Europa, i magazzini e i concessionari si sono riempiti e Il timore è che i tagli o cessioni potrebbero colpire anche le attività varesine, che pure sono poca cosa nell’economia del gruppo.
Alla Schiranna dal dopoguerra si sono avvicendati diversi marchi nella produzione di moto: l’Aermacchi, prima da sola poi con Harley Davidson, che negli anni ’70 diviene AMF Harley Davidson, e poi lascerà il campo ai fratelli Castiglioni e Cagiva. Sarà quest’ultima ad acquisire altri marchi importanti, come Ducati, Morini e la svedese Husqvarna. Sempre Cagiva ridarà vita al marchio MV Agusta, azienda di nicchia ma icona nello sport motociclistico. Il quadro si modifica ancora: nel 2007 Husqvarna é venduta alla BMW (nel 2012 sarà Audi a comprare la Ducati). In quegli anni segue un balletto di proprietà – ancora Harley Davidson, Mercedes. Amg, Castiglioni – e procedure concordatarie, finché nel 2017 la vera svolta alla Schiranna è l’ingresso del petroliere russo con passaporto britannico Timor Sardarov, che rimette in sesto l’azienda e nel 2023, la riporta in utile. Sardarov cede progressivamente la maggioranza, col 50,1% (ma si tiene il 49,9%), ai nuovi padroni di Pierer Mobility, 6000 dipendenti, che ha il suo cuore nella KTM, ma controlla anche la spagnola GasGas e la Svedese Husqvarna. In questo sistema di “scatole cinesi”, sono gli Indiani ad avere un ruolo di rilievo: il 75% del capitale della capogruppo Pierer è infatti per poco più della metà di Stefan Pierer e per un’unghia meno della Bajaj Auto. Un nome questo che faremo bene a ricordare, comunque vadano le cose.
La Bajaj è una potenza nel settore. È il quarto produttore mondiale di moto, il primo non giapponese. I numeri del resto, dicono quanto l’Europa sia marginale nel settore. Dei 62 milioni di motocicli prodotti nel mondo, 18 portano il marchio Honda, seguono l’indiana Hero con 5,6 milioni, Yamaha con 4,6 e al quarto la Bajaj con 3,6 milioni, tallonata dalla connazionale TVS, che per inciso produce anche per BMW. Più lontane per il momento le case cinesi, che hanno comunque collaborazioni con i costruttori occidentali per la produzione, di moto e di componenti come i motori, come nel caso di CFMoto, partner strategico di KTM. E l’Europa? Il gruppo Pierer è il numero uno per unità prodotte, con 380 mila, di cui oltre 300 mila KTM, ma il fatturato di 2,6 miliardi di euro é inferiore agli oltre 3 miliardi di BMW, che ha prodotto 210 mila moto. I numeri di Schiranna sono minuscoli ma buoni: nel 2023 sono state 7 mila moto, in crescita, per un fatturato di 134 milioni e 10 di utile, con 200 dipendenti.
In estate già circolavano voci di forti tagli sia a Mattighofen sia a Varese. A febbraio si dovrebbe fare il punto con i creditori di KTM, cui si prospetta un accordo che taglierebbe del 70% le loro spettanze, con pagamento in due anni. Mentre l’agenzia per il lavoro austriaca e il Land dell’Alta Austria si prenderanno cura dei tagli che si profileranno da loro, a Schiranna si attende con preoccupazione il futuro. MV Agusta è piccolina ma nel 2023 ha fatto utili. Potrebbe far gola a qualcuno? Si vedrà se altri vorranno farsi avanti. Magari la stessa Banjaj, che ha un valore borsistico di ben 30 miliardi di dollari. O vorrà tornare in pista lo stesso Sardov, mentre c’è chi parla di un possibile re-ingresso in scena di Giovanni Castiglioni – Cagiva, magari con un qualche partner cinese.
Resta il tema del futuro industriale di un territorio, quello del Varesotto che sembra perdere pezzi del suo patrimonio industriale, soprattutto nella meccanica. Le indagini parlano per la provincia di passi indietro nel “fermento imprenditoriale” e le piccole dimensioni medie delle aziende non giovano nemmeno a innovazione e managerialità. Quale futuro per il nord di un territorio che perde aziende, personale e, forse, anche fiducia? L’assemblea di Confindustria Varese 2024 si è svolta alla Schiranna. Che sia un segnale almeno.
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