1000 giorni di guerra in Ucraina. Quanti morti innocenti, quante rovine, quanti disastri dopo l’invasione di Putin, ma – mese dopo mese – Europa ed USA stanno dimostrando una totale incoerenza nell’affrontare la crisi.
Appena all’orizzonte è apparso un barlume di possibilità per arrivare ad un “cessate il fuoco” si è fatto di tutto per affossare il tentativo. Eppure alcuni indizi sembravano decisamente interessanti con l’elezione di Trump alla casa Bianca (che si è pubblicamente impegnato a giungere sollecitamente ad una composizione del conflitto e quindi non vorrà perdere la faccia), poi la lunga telefonata tra il cancelliere tedesco Olaf Scholz e Putin con l’ammissione (per la prima volta) da parte dello stesso Zelensky che “entro il 2025” a qualche accordo bisognerà pur arrivare.
Cominciamo dal fondo: il presidente ucraino sa benissimo di essere molto meno forte di prima, che in patria la sua popolarità è scesa tantissimo, che molti ucraini sono pronti a rinunciare al Dombass in cambio della pace e che – per sua fortuna e troppe complicità – nessuno vuole scoperchiare la questione della gestione finanziaria del paese o che il suo mandato presidenziale è scaduto ormai da molti mesi mentre la situazione militare per l’Ucraina sta diventando critica con i russi che premono a sud e si avviano a riconquistare la sacca di proprio territorio persa quest’estate.
In questa situazione di sua debolezza, l’ok americano per il lancio di missili a lunga gittata e le forniture di mie anti-uomo messe al bando dal trattato di Ottawa sono molto pericolose, anche se pure i russi ne hanno probabilmente lasciate molte nel terreno. Anziché insistere PRIMA con Putin: “Trattiamo, o daremo l’ok per l’uso dei missili agli ucraini” la mossa di Biden è infatti stata solo una manna per i “falchi” del Pentagono e del Cremlino che ha subito aumentato la pressione su Kiev con bombardamenti sempre più intensi e con il rischio che – se sarà colpita qualche area russa in modo consistente dai missili americani – si scateni una escalation dove a rimetterci sarà prima di tutto proprio l’Ucraina (oltre che tutti noi).
Intanto l’Unione Europea è sempre più un fantasma che va in ordine sparso: la Germania flirta con Putin ma lo nega (però intanto non fornisce più i suoi carri armati), la Lituania inneggia ai nuovi missili, la Polonia (dove il 69% dei polacchi è contrario a compromettersi con l’Ucraina considerata atavicamente ostile) il premier Donald Tusk fa alzare i propri caccia a puro titolo dimostrativo e solo per aumentare la tensione, perchè è evidente che i russi non hanno nessuna volontà di colpire la Polonia.
Tutto questo mentre era in corso a Rio De Janeiro l’ennesimo incontro-show del G20 che non è il G7 e quindi dove alcuni partner erano apertamente amici di Putin: al di là delle chiacchiere era evidente che sull’Ucraina sarebbe uscito l’ennesimo nulla di fatto.
Nel frattempo però la gente continua a morire, l’esercito ucraino è in netta difficoltà e i russi avanzano inesorabilmente e non saranno certo bloccati dai nuovi missili. Quindi (e torniamo al punto di partenza) perché – sia per ragioni umanitarie che politiche e militari – non si cerca concretamente qualche spiraglio per giungere velocemente ad un “cessate il fuoco” almeno provvisorio?
Perché, appunto, la guerra è una miniera d’oro per molti, una polizza sulla vita politica di Zelensky, l’ultima possibilità di dimostrare ancora la propria esistenza per Biden. Alla fine – come abbiamo scritto tante volte – rimandare un armistizio fa però solo comodo a Putin che infatti non lo reclama, anzi, tira alla lunga sapendo di ritrovarsi comunque con più forza il giorno in cui le “democrazie occidentali” siederanno finalmente ad un necessario tavolo di compromesso.
Si fosse fatto un accordo “provvisorio” l’anno scorso (o già due anni fa) sia per l’Ucraina, che per l’Europa e tutto l’Occidente sarebbe stato molto meglio e invece no, avanti a testa bassa: la guerra deve continuare e la gente – come a Gaza, in Libano e in tanti altri conflitti dimenticati – continua a morire. In Ucraina con un Putin – da cinico com’è – che sorride e ringrazia.
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