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Attualità

A CORPO STRETTO

FLAVIO VANETTI - 29/11/2024

Un aereo Blended Wing Body

Un aereo Blended Wing Body

Come contenere le emissioni degli aerei in un’aviazione che, su scala planetaria, ha ormai raggiunto numeri impressionanti tra il traffico passeggero e quello per le merci? In un mondo che in modo più o meno sensato sta affrontando la questione “green” questa è una domanda alla quale tanti stanno provando a dare una risposta. La via più diretta da percorrere è quella che porta a ragionare su carburanti sempre più ecologici e sostenibili. Lo scenario è incoraggiante: i tecnici hanno calcolato che si potrebbe arrivare fino a una riduzione di emissioni pari all’80%, quindi con un abbattimento di due terzi rispetto all’attuale situazione, nella prospettiva di raggiungere quota zero entro il 2050. Ma c’è un rovescio della medaglia: la disponibilità di questi combustibili è ancora bassissima: entro la fine del 2024 avrà raggiunto lo 0,53% di tutti i carburanti avio. Poco più di nulla, insomma.

Così mentre nell’agenda delle compagnie aeree di chi fa le leggi la decarbonizzazione industriale è cerchiata in rosso, c’è chi ha esplorato una soluzione più radicale: rivedere completamente, e concettualmente, la forma dei velivoli. Il look abituale al quale siamo abituati da un secolo – sostanzialmente un lungo tubo, cioè la fusoliera, abbinato ad ali, piani equilibratori e deriva verticale di coda –  sembra destinata a non avere un grande futuro, nonostante la presente generazione di aerei – e restiamo a quella di Airbus e Boeing per limitarci ai due colossi che fanno la parte del leone – sia già stata concepita con criteri ecologici.

Ma si può fare di più e questo passo in avanti è rappresentato da velivoli Blended Wing Body, vale a dire a corpo alare misto. Non hanno una chiara linea di demarcazione tra le ali e la fusoliera, l’ala diventa in pratica la prosecuzione del corpo base dell’aereo e si allarga come se fosse a delta. Ma non esaurisce la sua forma in questa foggia specifica, perché ad un certo punto ricompaiono ali più o meno tradizionali. Nella parte posteriore ci sono due impennaggi verticali e in mezzo due motori di generose dimensioni. Questo, perlomeno, è il look proposto dalla Natilus di San Diego (azienda fondata nel 2016) per il suo Horizon. Segue l’onda di quanto fatto vedere nel 2020 da Airbus con un dimostratore in scala di Blended Wing Aircraft (accreditato di un 20% in meno di consumi) e nel 2023 dalla californiana JetZero, che annunciò qualcosa di analogo a quanto presentato del famoso consorzio. Quest’ultimo progetto sta andando avanti, con l’obiettivo di mettere in linea un aereo da 200 posti entro il 2030.

Pure l’Horizon è pensato per 200 persone, con la possibilità di offrire loro una cabina spalmata in orizzontale e potenzialmente più confortevole. Un altro vantaggio è il fatto che il futuro velivolo potrà sfruttare i “fingers” aeroportuali già esistenti, senza rendere necessario il loro adeguamento come avvenne negli aeroporti destinati a ospitare l’Airbus A380 a due piani. Ma il punto forte sarà soprattutto l’abbattimento dei consumi: addirittura meno 30% grazie a una minore resistenza, dieci punti meglio dell’aereo di JetZero. Secondo il CEO di Natilus, Aleksey Matyushev, il mercato dei velivoli “narrow body” (che traduciamo con “a corpo stretto”; per intenderci, le varie famiglie degli A320, degli A220, dei Boeing 737) «sarà il maggiore per i prossimi 20 anni. Ed è proprio lì che pensiamo di inserirci con la nostra proposta». Natilus aveva già annunciato una versione solo cargo (senza piloti) del velivolo “blended wing”. È denominata Kona e secondo il CEO ha ricevuto 400 ordini. Volerà entro due anni e la sua tecnologia sarà trasferita su Horizon, che nelle soluzioni aerodinamiche si presenta un po’ diverso dall’aereo di JetZero.

Tra il dire e il fare, però, stanno di mezzo anche altre cose. La prima è l’assoluta necessità di mettere a punto un pacchetto di controllo dei sistemi di volo che sia sicuro e affidabile: l’esperienza del Boeing 737 Max è lì a ricordare che non è cimento né facile né scontato. Ma il problema vero, rispetto all’ambizioso programma di essere in linea entro 6 anni, riguarda la certificazione e l’addestramento dei piloti. Sul primo fronte non si può non ricordare la complessità che incontra un progetto nuovo per arrivare al traguardo: gli ostacoli sono innumerevoli e comportano scontati ritardi. Quanto ai piloti, il discorso è molto semplice: chi deve sedersi ai comandi di un A320neo o di un 737Max può sfruttare le ore acquisite sulle versioni precedenti. La transizione è così veloce. Ma nel caso di un Horizon si tratterà di diventare abili e arruolati per un aereo che sarà nato prendendo le mosse da un foglio bianco. Proprio sicuri di farcela per il 2030?

Corriere.it

 

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