I vecchi? Sono come fiaschi toscani che viaggiano senza paglia. Parola di Giugi Armocida o meglio del professor Giuseppe Armocida, come lo conoscono gli appassionati di storia e i tanti studenti che si sono laureati in medicina e chirurgia davanti alla commissione da lui presieduta all’Università dell’Insubria. Una sensazione di fragilità. Il professore ha da poco compiuto 78 anni e affida le sue delicate percezioni al libro “Discorsetto sul piacere di non viaggiare e altre minime confidenze”, edito da una raffinata casa editrice milanese (Mimesis, 9 euro). Un libriccino di riflessioni che lo psichiatra e medico legale di Ispra, presidente della Società Storica Varesina e ad honorem della Società italiana di Storia della medicina, ha pubblicato di recente.
Il titolo rivendica orgogliosamente ciò che predicava Emilio Salgari, campione del romanzo d’avventura per i ragazzi, e cioè che scrivere è come viaggiare senza il fastidio dei bagagli. Armocida conferma: “Godo della tranquillità domestica, non mi seduce l’idea di luoghi diversi da raggiungere e davvero m’indispone la necessità del fare e disfare le valigie, adattarsi agli orari, presentarsi a cechin e cecaut“. Più o meno lo stesso concetto, adeguato al ‘700, che affermava lo scrittore francese Xavier De Maistre (“Il diletto di viaggiare nella propria camera è immune dall’inquieta gelosia degli uomini e indipendente dalla fortuna”) e che l’erudito milanese Diego Santambrogio ribadiva in dialetto: “A giraa per el mund gh’è nient da imparaa”.
Il libro, 97 pagine, è un gustosissimo concentrato di piccole medicine dello spirito, di pastiglie filosofiche, di interrogativi etici e intelligenti citazioni. Ma, dopo i primi due o tre capitoli in cui analizza i gusti e le abitudini personali (il collezionismo, la rimpianta vita nei paesi di una volta, la bibliomania, da non confondere con l’ingenua e spendacciona bibliofilia), l’autore affronta temi più corposi. Comincia dall’esame ironico e autoironico delle inclinazioni negative della terza età che sono isolarsi, diventare avari, brontoloni, permalosi, rimpiangere il passato. Poi passa a quesiti di eterna attualità come l’elogio della disobbedienza, dal vago sapore erasmiano: “Nel 1968 e dintorni trasgredire era la regola, oggi invece tira una brutta aria, è vietato protestare, si deve rigare diritto”.
Che cos’è l’anima? L’interrogativo dischiude un labirinto di interpretazioni, osserva Armocida, volendo andare oltre la definizione che dà lo scienziato e cioè che è il principio vitale degli esseri viventi. Né basta la risposta della teologia di fronte a un tale mistero. L’anima è forse allora un’idea, la cui caratteristica è di non essere nient’altro che sé stessa. E la libertà? Anche qui “si rischia di finire in un guazzabuglio di opinioni, di scuole di pensiero, di mescolanza di metafore e di idee confuse. Confidiamo nel desiderio di libertà o nella libertà dal desiderio? E i desideri sono sempre utili, perseguibili e convenienti? Saggio è l’antico aforisma che ammonisce: il destino accompagna chi lo asseconda, trascina chi gli si oppone”.
La bioetica nell’agire medico pone dilemmi drammatici. Come comportarsi di fronte alla sofferenza di chi viene alla vita o si avvicina alla morte? Il professore, che ha trascorso la vita insegnando medicina nelle aule della Statale di Milano, negli atenei di Bari-Foggia, Ancona, Pavia e gli ultimi ventitré anni all’Università di Varese, pesca significativi esempi nella storia e nella cronaca. E commenta: “La odierna riflessione bioetica dovrebbe dare qualche ragionevole risposta alle domande che sorgono spontanee nell’uomo comune. Mentre discutiamo nel presente su posizioni contrastanti, ci potrebbe aiutare il ricordo di fatti dimenticati o solo poco studiati”. E li enumera in abbondanza citando Garibaldi, Pasteur e lo scrittore svedese Axel Munthe.
Gli ultimi capitoli “politici” puntano il dito contro le dittature e la pena di morte. Si può infliggere un castigo, ma chi ha il diritto di togliere la vita a un’altra persona? “Nessuno tocchi Caino, trovo raccapricciante uccidere un inerme, forse chi lo fa prova gusto ad assistere alla morte altrui – sibila Armocida – la condanna a morte è un’offesa all’umanità e fosse per me vieterei di fare turismo nei Paesi che praticano la sentenza capitale”. L’ultima requisitoria è contro Putin: “Dopo gli anni della dittatura bolscevica, oggi la Russia si è consegnata a un nuovo fascismo e la sua gente, stretta tra polizie, esercito e oligarchi vergognosamente ricchi, si abbassa ancora supino, si inchina e accetta di andare in guerra, di invadere un Paese sovrano, distruggere, terrorizzare, uccidere e anche morire per ubbidire a un padrone che esercita il potere assoluto. Gli uomini che ammirano uomini non buoni, sono essi stessi necessariamente uomini non buoni”.
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