«Esperimenti di architettura sociale». Così Paolo Fresu definisce il fenomeno delle bande musicali di paese che in Italia hanno raggiunto il considerevole numero di seimila.
Il celebre trombettista jazz è la voce narrante di “Girobanda”, il bel documentario per la televisione scritto e diretto da Mauro Campiotti, andato in onda a Novembre su Rai3 ed ora facilmente reperibile su Raiplay.
Campiotti, varesino classe 1954, attualmente nel Cda del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, non è nuovo a operazioni del genere. Dopo essersi fatto le ossa con registi come Salvatore Nocita (Promessi Sposi), Luciano Emmer (Masolino da Panicale) e firmato il film “Il cantico di Maddalena”, ha già realizzato vari docufilm per la Tv della Svizzera Italiana.
«Le bande musicali – ci spiega – da quasi due secoli portano socialità ed inclusione in tutto il paese, specie nei piccoli comuni. Sono aggregazioni che sviluppano uno spirito di appartenenza per cui persone che svolgono lavori umili accanto a professionisti affermati, si ritrovano a suonare e marciare uno accanto all’altro».
“Girobanda” che si avvale della fotografia di Claudio Zamarion, muove i primi passi dalla Sardegna. In particolare dal Comune di Berchidda, 2500 abitanti, dove proprio Paolo Fresu, prima di calcare i palcoscenici di tutto il mondo, ha iniziato a nove anni a masticare musica.
«La prima tromba che ho preso in mano è stata quella di mio fratello che aveva smesso di suonare - racconta l’artista – ho ancora in mente il ricordo dell’olio dei pistoni, della prima volta che ho indossato la divisa della banda, dell’odore della sala prove». A distanza di anni non è raro in occasione della processione di Pasqua del piccolo comune sardo, vedere ancor oggi il famoso trombettista suonare, confuso e anonimo tra i componenti della formazione.
E se a volte dalle bande di paese nascono talenti che decidono di proseguire al Conservatorio, tutte tengono accesa la lampada della creatività: «Più musica e meno rumore» sintetizza un sassofonista di Azzinano in Abruzzo.
Ma non è solo questione di pentagramma. «La banda - sottolinea ancora Fresu nel docufilm – è uno straordinario strumento collettivo capace di mettere insieme le persone e di permettere ad ognuna di loro di essere da una parte protagonista e dall’altra di ascoltare quello che sta accadendo alle spalle. Questa è una lezione preziosa».
Ornella Pili, direttrice della banda di Nurri (altra tappa di “Girobanda”) sottolinea come negli ultimi anni si sia assistito «ad un boom di iscrizioni soprattutto di ragazzi. Alcuni genitori infatti pensano che suonare in una banda possa aiutare i bimbi più timidi a confrontarsi con gli altri».
Insomma una realtà ancora da scoprire e su cui il documentario di Campiotti opera una prima (l’idea nasce come “format” in divenire) efficace ricognizione.
D’altronde anche nel Varesotto questo fenomeno è di tutto rispetto. Secondo l’annuario delle Bande musicali tra capoluogo e provincia operano 57 gruppi musicali di questo tipo. A dimostrazione che passione per la musica e valori condivisi sono gli stessi a qualunque latitudine, arriva questa testimonianza di Silvia, componente della Banda di Cislago pubblicata su Varesenews: «L’esperienza bandistica forma non solo artisticamente, ma anche umanamente, insegnando le regole base per una buona convivenza civile. Ecco perché è importante che anche i giovani vengano coinvolti in questo tipo di attività, perché sono valide alternative a scelte sbagliate che sempre più ragazzi prendono. La musica e la vita della banda rappresentano un efficace rimedio contro la noia, la solitudine e la poca voglia di mettersi in campo; caratteristiche sempre più presenti nella nostra società».
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