A poche settimane di distanza dalla morte di Padre Dionisio Ferraro, anche don Giulio Ambrosini il 18 novembre scorso ci ha lasciato. Erano amici, compagni di studi e di fede, cresciuti nella Parrocchia di Valle Olona. Ognuno poi ha intrapreso la sua strada, in base all’orientamento e alla propria vocazione.
Anche don Giulio apparteneva a una famiglia numerosa, impegnata nel lavoro e nella crescita dei cinque figli.
Mamma Margherita, cui don Giulio era particolarmente legato, era dispensatrice di bontà e pazienza che, insieme ai grandi principi morali, ha saputo trasfondere in famiglia.
Il bambino e poi adolescente Giulio – gemello di Renato – era particolarmente sensibile e attento agli avvenimenti. Sapeva leggere ciò che gli accadeva intorno. Le difficoltà per tutti nel periodo bellico (era nato nel 1941) e post bellico avranno senz’altro influito sulle sue riflessioni e successivamente sulle sue scelte.
Negli anni della sua giovinezza, i giovani e meno giovani di Valle Olona avevano osservato in lui un germoglio particolare, che all’ombra dei nostri due grandi parroci – don Giuseppe Ambrosini e don Luigi Gabbani – aveva fatto fiorire la sua vocazione al sacerdozio. Non era subito entrato in seminario, perché aveva preferito attendere che la sua chiamata diventasse autentica.
Nel frattempo aveva già intrapreso un’attività professionale, diventando un eccellente sarto. Quando lo si vedeva in chiesa Giulio era un esempio di devozione per tutti: pregava sempre a lungo e molto intensamente. Durante il periodo di seminario noi amici di un tempo lo abbiamo sempre seguito e spesso incontrato, quando saltuariamente tornava a casa. Lo abbiamo sostenuto con la preghiera e con l’affetto, affinché riuscisse a superare le varie difficoltà e le fatiche dello studio.
Ciò fino alla sua ordinazione, il 28 giugno 1969, nel Duomo di Milano, quando eravamo presenti numerosi a condividere con i suoi familiari la sua grande gioia. Poi la sua prima Santa Messa nella nostra Chiesa, gremita, con un popolo osannante e grato a Dio per l’immenso dono. Se la sua emozione era palpabile, non era da meno la nostra, finalmente “il Giulio, il gemello” come affettuosamente lo chiamavamo, era “don Giulio”.
Come era prevedibile, ha poi continuato lungo la strada del bene, accettando con spirito di obbedienza i vari servizi proposti dai suoi superiori. Obbedire, una parola che deriva dal latino “ob- audire” ovvero ascoltare, ciò che don Giulio ha sempre messo in pratica in ogni occasione.
Ascoltare al letto del malato, ma anche aiutare, consolare, sostenere, durante i lunghi anni di attività come cappellano presso l’Ospedale di Circolo, dove da medico lo avevo reincontrato. Mi sembra di rivederlo ancora nei corridoi dell’Ospedale, sempre di corsa, con la fascia della talare svolazzante. Un rapido cordiale “ciao ciao” tra noi, perché non avevamo tempo da perdere, ognuno impegnato nel proprio settore.
Credenti o non credenti, appartenenti ad altre religioni, non importava, la sua disponibilità era uguale per tutti, per ogni persona, perché in ciascuno sapeva cogliere la presenza di Cristo sofferente.
Ascoltare ancora, più recentemente, per lunghe ore in confessionale, in Basilica San Vittore, dimenticando sé stesso, offrendo tutto per la gloria di Dio. Come il Santo Curato d’Ars, anche don Giulio, ha seminato con semplicità tanto bene, umilmente, fedelmente, tra le numerose persone che ha incontrato.
Le Suore della Riparazione, che peraltro hanno da poco lasciato Varese, lo aspettavano alle 7 di ogni mattina per la celebrazione della Santa Messa, nella cappellina. Puntuale e assiduo, nonostante i problemi di salute degli ultimi anni, il sacerdote amico arrivava e anche per loro trovava una parola consolatoria.
Grazie don Giulio per essere stato “servo buono e fedele”, cui Gesù – venuta la sera – ha senz’altro detto “Passiamo all’altra riva” (Mc 4,35).
Ora don Giulio è al cospetto di Dio, è nel regno della Luce e della Pace. Il “Tu es sacerdos in aeternum” che la corale di Valle Olona gli aveva allora intonato, ora è davvero per sempre!
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