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Sport

TROPPE RIVOLUZIONI

CLAUDIO PIOVANELLI - 22/11/2024

Sogolow e Horowitz, il tandem di dirigenti USA che affiancano Luis Scola

Sogolow e Horowitz, il tandem di dirigenti USA che affiancano Luis Scola

L’”effetto Virtus” non ha purtroppo avuto seguito e, a una settimana di distanza, la Openjobmetis è nuovamente caduta pesantemente. È accaduto sul campo di Scafati e, con il senno di poi, al di là dello straordinario entusiasmo generato dal successo contro Belinelli e compagni, è lecito chiedersi se non sarebbe stato più utile incassare due punti sottraendoli a una diretta concorrente nella lotta per la salvezza piuttosto che a una candidata allo scudetto.

Ma tant’è: sono bastati un precampionato costellato di sconfitte (cinque in sei gare disputate) e un paio di partite ufficiali per dimostrare che la squadra allestita in estate non era all’altezza della situazione e che la permanenza in serie A sarebbe stata fortemente a rischio. Esattamente come era avvenuto nella scorsa stagione, quando, si ricorderà, l’asse portante playmaker-pivot aveva mostrato tutti i suoi limiti e prima Willie Cauley-Stein e poi Vinnie Shaid erano stati tagliati a beneficio di Skylar Spencer e di Nico Mannion. Per non dire della comparsata di James Young, tagliato da Treviso che in quel momento seguiva i varesini in classifica…

Quest’anno il problema si è ripetuto: troppo inconsistente sotto i tabelloni l’apporto del pur iperatletico Akobundo-Ehiogu Kaodirichi (al quale il pur volonteroso Abdel Fall non poteva essere di grande aiuto), troppo alterno il rendimento dei nuovi arrivati Jordan Harris, Justin Gray e anche del pur prolifico Jaylen Hands. Così, anche a fronte dell’offerta ricevuta da Milano per Nico Mannion, la squadra è stata letteralmente rivoluzionata, dapprima con il ritorno di Jaron Johnson e poi con l’ingaggio del solido ed esperto Alex Tyus sotto i tabelloni (classe 1988, trascorsi a Cantù nella stagione 2012/13) e del talentuoso Keifer Sykes in regia (31 anni, una stagione ad Avellino nel 2018 e un veloce passaggio a Milano nel 2019). Operazioni che preludono al taglio di Gabe Brown, protagonista di un avvio di stagione decisamente in sordina, e forse di Jordan Harris.

Insomma, due rivoluzioni in due anni, a fronte di scelte inequivocabilmente e irrimediabilmente bocciate dai fatti. Eppure la Pallacanestro Varese, al di là della figura dominante dell’amministratore delegato Luis Scola, deus ex machina del club e, si dice, decisore finale di ogni situazione, si è dotata di una struttura che, nelle intenzioni, dovrebbe essere decisamente superprofessionale. Dagli Stati Uniti, infatti, Scola ha chiamato il general manager of basketball operations Zachary Sogolow (che ha in Matteo Jemoli il suo assistente) e il general manager of basketball strategy Maksim Horowitz, i quali sono andati a occupare le due posizioni operative più importanti in ambito societario (le qualifiche sono quelle indicate nel sito del club biancorosso).

Sogolow e Horowitz sono due trentenni di ottima volontà (in meno di un anno entrambi hanno imparato così bene la lingua italiana da riuscire a sostenere agevolmente una conversazione) che si sono trasferiti a Varese con la famiglia e che dunque non possono costare come una ciotola di latte. Da loro, che dovrebbero essere gli specialisti del mercato, ci saremmo dunque aspettati risultati un poco più “concreti”, così come da Luis Scola, non foss’altro che per la sua enorme esperienza e per la grande reputazione maturate in anni di militanza nella NBA.

Una volta esaurito l’apporto delle grandi famiglie di sport della città (Borghi, Bulgheroni, Castiglioni) e sostanzialmente concluso anche il ruolo dell’ambizioso e comunque prezioso Consorzio varato tanti anni fa da Vescovi e Lo Nero, non sappiamo che fine avrebbe fatto la Pallacanestro Varese senza l’intervento di Luis Scola. Tuttavia non possiamo non evidenziare come talune “fissazioni”, se condotte all’esasperazione, finiscano col nuocere alla causa. La totale e incrollabile fedeltà al “moreyball”, ad esempio, così come il sostanziale divieto di difendere a zona o di andare a giocare nella posizione di post basso (scelta pagata spesso a carissimo prezzo anche in difesa) ci sembrano limitazioni tecniche prive di senso, se praticate in modo così assoluto, capaci solo di limitare le potenzialità della squadra. Una maggiore elasticità agevolerebbe il compito degli allenatori e sicuramente consentirebbe di raggiungere migliori risultati.

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