È l’invito del Battista al Giordano. Col “senno di poi” si comprende sempre tutto. Ci vorrebbe però un “senno di prima” per farsi meno male.
Col senno di poi ci si accorge che certe etichette d’amore (importanti come compagno, fratello, genitore) a volte sono scatole mai riempite o ormai svuotate.
Col senno di poi si valutano le parole mai diventate realtà: l’amore possessivo non è vero amore, come quello che risucchia l’altro o l’amore a contratto o a ricatto. L’amore che impone condizioni o tasse non è vero amore.
Col senno di poi alcune azioni appaiono egoismi mascherati: ad esempio dire sempre di sì ai capricci dei figli, pur di legarli con ricatti affettivi perché non si allontanino o riempirli di cose perché non pensino, o sostituirsi a loro perché non facciano fatica, non è amore.
Col senno di poi quante volte si cercano i saldi nei sentimenti per avere quello che ci interessa al costo più basso possibile.
Col senno di poi ci si chiude a rimuginare torti e rivendicazioni o peggio ad affezionarci alla tristezza e al pessimismo.
Quanto ci è difficile rinunciare ai propri “averi”: avere ragione, avere in cambio, avere pretese, avere da ridire.
La misura dell’amore è amare senza misura. Come fa Gesù in croce: dono totale e totalizzante.
Questo genera “il senno di prima” che può far rendere conto che tanta nostra normalità ha il DNA di Dio: è sacra, è divina, è altare. È il nostro vivere il “prendere la sua croce e seguirlo”.
L’esempio della torre e della battaglia ci fanno guardare al nostro impegno per costruire qualcosa di solido (la torre) o per affrontare i problemi della vita (la battaglia). Chiediamoci col senno di prima: nella costruzione della torre di ciò che sono, cosa gioco di me e quanto mi svendo? Nel campo di battaglia del quotidiano da cosa mi difendo? cosa attacco? cosa cerco di conquistare?
Sempre e comunque, sono da considerare (negli altri e in noi) sbagli, limiti, inadeguatezze, mancanze, fragilità, debolezze. Gesù ci insegna che il “senno di prima” è la serena coscienza che se uno ama fino in fondo, senza riserve, non c’è in gioco verità o qualità, ma solo il modo e il come. Si fanno sbagli, ma gli sbagli fanno te e possono migliorarti. L’unico vero errore è quello da cui non si impara nulla.
Il senno di prima usa il cuore senza misura, accorgendosi di quanto di divino c’è già in noi. [213-dE]
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