Pellegrini o turisti in vacanza? Manca poco più di un mese all’apertura della Porta santa e la Città del Vaticano, e tutta Roma, si preparano a ricevere l’assalto di 32-35 milioni di fedeli per il Giubileo della speranza. La domanda iniziale non è campata in aria. Se la pose il defensor urbis Eugenio Pacelli, papa Pio XII, scrivendo il 26 maggio 1949 nell’introduzione al volume giubilare dell’Opera per gli orfani di guerra, edito da Bompiani: “Bisogna avere presente, diletti figli, che questi pellegrinaggi non devono farsi con la mentalità di coloro che viaggiano per diporto: ma con lo spirito di pietà che animava i fedeli dei secoli passati…”. E Paolo VI lo ribadì nel 1975 ricevendo il comitato organizzativo: “Siete al servizio di finalità superiori, pertanto lasciateci insistere sugli scopi esclusivamente spirituali dell’Anno santo”.
Se fino al 1900, per secoli, i pellegrini arrivarono a Roma a piedi o a cavallo, con percorsi penitenziali disagiati spesso esposti al rischio di agguati dei briganti e di finire in mezzo a scontri armati, oggi i fedeli si spostano in auto e pullman superaccessoriati, su treni veloci e confortevoli aerei. Questi viaggi, che qualcuno definisce di piacere, attraggono folle sempre più numerose: 400 mila persone all’inizio del secolo scorso, due milioni e mezzo nel 1950, otto milioni e settecentomila nel 1975, oltre dieci milioni nel 1983, 32-35 milioni previsti appunto nel 2025. Grandi problemi organizzativi si affrontano per riceverle. Si calcola che le spese e gli investimenti per finanziare i cantieri, le iniziative e l’ospitalità muoveranno 13 miliardi di euro nella sola Roma.
Tra il ricco giro d’affari che ruoterà intorno all’evento e il significato religioso e spirituale del Giubileo, c’è un punto coincidente ed è l’occasione che l’Anno santo offre di veicolare alti messaggi ideali, di rilanciare progetti e sfide al di là dell’opportunità di lucrare l’indulgenza. Il papa è stato chiaro: di fronte alle guerre, alla povertà e alle ingiustizie, di fronte a una società che ha smarrito il buon senso e si perde nell’arbitrio e nella violenza, tutti devono riscoprire il significato della parola speranza. Basta prendere in mano la Bolla di indizione per avere conferma che Francesco chiede ai grandi della Terra di riscoprire la solidarietà e i modi concreti di attuarla, a cominciare dalla remissione dei debiti per i Paesi poveri, quelli che muoiono di fame.
L’Anno santo fa suoi i temi trascurati o negati come la crisi climatica che riguarda la vita di ciascuno in ogni angolo del globo, che provoca denutrizione, miseria ed emergenze migratorie, per non parlare della recrudescenza delle guerre, dell’insensibilità del mondo di fronte ai massacri e alla legge del più forte. La giornalista e storica Lucetta Scaraffia, moglie di Ernesto Galli della Loggia e curatrice dal 2012 al 2019 di Donne Chiesa Mondo, l’inserto mensile dell’Osservatore Romano, ci riporta allo spirito del passato con le parole di Giovanni Papini: “È inutile fare tanti apprestamenti per l’Anno santo se manca, nelle anime, l’essenziale premessa che fu ed è la sua ragion d’essere: chi non sente in sé il paziente e sincero proposito di sottoporsi a un’efficace penitenza, non può essere un vero romeo, sarà tutt’al più un turista che approfitta della buona occasione per fare una scorribanda fuori di casa”.
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