Sono stato recentemente chiamato in un istituto scolastico di Verbania a parlare del lago dal punto di vista geografico, storico ed ittico, nella mia qualità di commissario italiano alla pesca del lago Maggiore.
Ho trovato ragazzi e ragazze tra i 14 e 16 anni che – ritenevo – avessero comunque già un’idea dei luoghi in cui vivono. Sono rimasto davvero un po’ sconvolto dal dover prendere atto che – salvo pochi casi specifici – questi studenti non sapevano invece nulla della nostra zona e non solo per la storia, ma su più o meno qualsiasi aspetto relativo all’ ambiente che li circonda. Arrivare a frequentare una scuola superiore e – ad esempio – non sapere dove sia Sesto Calende rispetto a Verbania mi è sembrato davvero curioso, così come – almeno in un caso – non avere neppure un’idea che il Ticino sia il principale immissario ed emissario del nostro lago.
Ai nostri tempi la simbiosi con il lago era una cosa pacifica, quotidiana, scontata. Non si può certo pretendere che sia ancor oggi così, ma arrivare a non avere più neppure le nozioni geografiche più elementari, ce ne passa.
Ho scoperto così che la geografia non è più materia di studio così spesso anche la storia e sono rimasto molto perplesso che – negli otto anni di scuola primaria – nessun insegnante abbia approfondito la conoscenza dei luoghi, dei fatti principali legati alla storia locale, degli aspetti basilari che laghi e montagne rappresentano per una “terra di mezzo” come possono essere le zone insubriche.
È strano questo fatto, non posso dire “inquietante” perché non ho un metro di giudizio e sicuramente i giovani di oggi sanno molte altre più cose che noi non conoscevamo neppure, ma credo che aver tagliato queste radici culturali locali sia stato un errore grave, primo passo per non avere più dei riferimenti storico-spaziali che continuo a ritenere essere importanti per dei ragazzi che crescono.
Questa è però la realtà a sottolineare come questi ragazzi non si chiedono – evidentemente – cosa ci sia loro attorno, i nomi almeno dei toponimi principali che li circondano e se non dico i nomi dei venti del lago, avere almeno un minimo di comprensione dei luoghi… eppure è proprio così.
Ho chiesto poi ad un paio di insegnanti come la pensassero su questo aspetto e la risposta è stata complessa, ma sostanzialmente legata al fatto che ciascuno insegna la propria materia, ma che ci sia poi poco “collante” con le altre.
Ci ritroviamo così ragazzi perennemente legati al telefonino, connessi con il mondo in maniera virtuale, che interagiscono con mondi alieni ma che non guardano dove mettono i piedi… e neppure al cielo che sta sopra di loro. Non è sorprendente?
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