Per capire come sono andate le cose alle ultime elezioni presidenziali USA bisognerà aspettare mesi. Per adesso, si sa poco. Abbiam capito (ma non c’era bisogno di troppe spiegazioni) che Biden avrebbe dovuto ritirarsi diversi mesi prima e non doveva neanche presentarsi per un secondo mandato. Era ed è in condizioni precarie. Soffre di un invecchiamento tremendamente accelerato e sta in piedi a fatica. Non bisogna vivere alla Casa Bianca per capirlo. Abbiam compreso anche che a Kamala Harris bisognava dare un po’ più di tempo per candidarsi. Ma soprattutto che sarebbe stato opportuno fare delle primarie e non una nomina, come invece è stato fatto, perché così non si riesce mai a individuare il soggetto più adatto a presentarsi agli elettori. I democratici forse pensavano che una novità buttata in campo all’ultimo momento (la Harris), a tre mesi dalle elezioni, avrebbe fatto il miracolo. E invece il miracolo lo ha fatto Trump, vincendo piuttosto nettamente (sembra di capire che sia andata così) e a guardare certe sue mossette dopo la vittoria, probabilmente, non ci credeva neanche lui che le cose fossero andate come sono andate.
Nel frattempo, è altrettanto chiaro che tante nostre certezze verranno spazzate via e il mondo che abbiamo conosciuto non sarà più lo stesso. Da decenni, in Europa, contavamo su un rapporto privilegiato con gli USA, fatto di collaborazione e di rispetto reciproco. E invece, il nuovo inquilino della Casa Bianca avrà un atteggiamento isolazionista, privilegerà i rapporti bilaterali, quelli di una nazione con un’altra e non con l’Unione Europea. Quindi, nel Vecchio Continente, verrà meno la già modesta spinta ad unirsi e fare squadra, come invece dovrebbe fare, per rispondere alle sfide che i singoli stati, da soli, non potranno mai affrontare. Sicuramente, ricompariranno i dazi, un residuato dei tempi andati, che nelle città avevano anche una collocazione fisica, dove si pagava la gabella, al passaggio da una città a un’altra. Un po’ come nel film di Roberto Benigni e Massimo Troisi Non ci resta che piangere con quella gag esilarante, dove il gabelliere a ogni mossa chiede “un fiorino!”. I dazi (anche se adesso saranno solo informatici) sono una forma di protezionismo di sapore medievale e un bastone tra le ruote della competizione. Un’altra grande incertezza son le due guerre in corso, in Ucraina e in Medio Oriente. È stato detto che metterà fine ad entrambe in quattro e quattr’otto. Ma a che prezzo? L’Ucraina perderà i territori invasi dalla Russia? La striscia di Gaza finirà completamente nelle mani di Israele? Due soluzioni ugualmente temibili nel medio periodo.
Ma l’inquietudine più grande è un’altra. È l’atteggiamento ostile di questo nuovo corso politico nei confronti di tutto ciò che è scienza, dalle pandemie al cambiamento climatico. Qualcuno ricorderà, probabilmente, perché era esilarante anche questa, quel che diceva Trump riguardo al Covid-19 e, cioè, che ci si saremmo potuti curare con iniezioni di candeggina (!). Un’assurdità esiziale. Sul cambiamento climatico, si è espresso dicendo che di tratta di una “bufala” ed è pronto a uscire dall’Accordo di Parigi, che vincola i firmatari ad agire per combattere i cambiamenti climatici. Proprio mentre è chiaro a tutti che le alluvioni di questi giorni, da noi in Emilia Romagna e soprattutto a Valencia, in Spagna, sono il frutto di questo scombussolamento generale che stiamo vivendo. Ovviamente, è lecito avere dei dubbi sul modo in cui vengono elaborati i dati di questo fenomeno, ma non si può dire che non esista. Come non si possono negare le pandemie.
Ecco, la preoccupazione maggiore sta proprio qui, sta dietro questi atteggiamenti di ripulsa nei confronti di ragione e scienza. Il timore è che tutto venga lasciato all’improvvisazione, al sentito dire, come nel caso di quella povera ragazza che, qualche giorno, fa si è fatta operare al naso, una chirurgia estetica e ha perso la vita. Purtroppo, non s’è affidata alla professionalità e al rigore, si è fatta irretire dai social, dando retta all’intuito e al passa parola. È un atteggiamento che ritroveremo, né più né meno, ma su ben altra scala, nel nuovo corso trumpiano. Le scelte più importanti saranno affidate all’intuito, alla percezione del momento, alla sensazione e al rifiuto sistematico del sapere scientifico. Non è una novità. Qualcosa del genere è già successa, quando si volle disconoscere i benefici enormi prodotti del progresso, facendo passare messaggi secondo cui la scienza «è morta cognizione di cose morte». Come scriveva così Julius Evola nel 1934 e aggiungeva “È la scienza che ha distrutto progressivamente e oggettivamente ogni possibilità di rapporto sottile con le forze segrete delle cose”. La “forze segrete”, appunto, il mondo dell’invisibile, “idealismo e pragmatismo, dannunzianesimo e imperialismo, in una fiera reazione antipositivista, antisocialista e antidemocratica”. Avevano preso il via da atteggiamenti del genere, pulsioni irrazionali che portarono al fascismo e al nazismo. La storia, come si sa, fortunatamente non si ripete e oltretutto siamo vaccinati. Ma alle provocazioni dell’irrazionale e alla prevaricazione bisogna rispondere per le rime, come ha fatto il nostro Presidente.
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