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Apologie Paradossali

GENOCIDIO

COSTANTE PORTATADINO - 22/11/2024

gaza(S) Sinceramente non ho capito questa confusione intorno alla domanda del papa, se sia in atto un genocidio a Gaza. La Stampa di lunedì scorso pubblicava un estratto del libro di Francesco di prossima pubblicazione “La speranza non delude mai. Pellegrini verso un mondo migliore”, titolando: “Bisogna indagare con attenzione se a Gaza è in atto un genocidio – Nel tempo delle migrazioni stiamo diventando disumani”. Nel momento in cui scriviamo non conosciamo il libro, che non è ancora in libreria, la stessa Vatican News non riporta altro che l’estratto pubblicato dal quotidiano, cambiando solo, forse in peggio, il titolo: Gaza, il Papa: indagare se è in atto un genocidio. Salviamo la dignità umana. Per capire il significato occorre sia definire il contesto. Da quanto pubblicato si deduce che la preoccupazione principale è la condizione del migrante in fuga dalla guerra, poco prima si riferisce all’Ucraina ed elogia l’accoglienza incondizionata offerta dalla Polonia, poi formula questa osservazione: “Qualcosa di simile è accaduto in Medio Oriente, dove le porte aperte di nazioni come la Giordania o il Libano continuano a essere la salvezza per milioni di persone in fuga dai conflitti della zona: penso soprattutto a chi lascia Gaza nel pieno della carestia che ha colpito i fratelli palestinesi a fronte della difficoltà di far arrivare cibo e aiuti nel loro territorio. A detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per determinare se s’inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali.” Non mi pare che il messaggio mediatico rispetti l’intenzione dell’autore.

(O) Infatti le reazioni ebraiche sono state veementi. Ma sul Corriere del giorno successivo compare un’intervista al teologo Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e membro del Dicastero per la Dottrina della Fede, che sembra rincarare.

 (F) “«Guardi, ciò che ha fatto Hamas il 7 ottobre è atroce e va condannato con fermezza. Ma la risposta è stata senza dubbio sproporzionata. L’opinione di tanti, anche di molti ebrei miei amici, è che replicare a quell’attacco con un’operazione che ha portato oltre quarantamila morti, la distruzione sistematica della Striscia di Gaza e adesso anche di varie città libanesi — Beirut, Tiro, Sidone — sia una violenta barbarie».

 (D) Francesco ha parlato, seppure in forma ipotetica, di «genocidio»…

(F) «Si tratta di capire l’intenzione del Papa. Al di là del termine, ha voluto dire che ciò che sta accadendo è qualcosa di inaccettabile e atroce. Si può essere d’accordo o meno con la terminologia, ma dietro la stessa ricerca di un termine che definisca ciò che sta accadendo c’è un’inquietudine che attraversa anche molti israeliani ed ebrei».

(S) Al contrario, nello stesso giorno, leggo sul sito della Stampa un editoriale di Ugo Volli di significato affatto diverso quasi riparatorio del titolo del precedente articolo. I passi più significativi: “Vedersi ribaltare addosso questa accusa da chi governa oggi un’istituzione, la Chiesa, che ha dovuto riconoscere di aver ingiustamente perseguitato gli ebrei per molti secoli e la cui azione durante il genocidio nazista è ancora oggetto di dubbi e polemiche storiche, aumenta ancora la delusione ebraica: come se gli ultimi decenni di dialogo fossero cancellati e tornasse in azione l’antico antigiudaismo cristiano.”

(C) Poco dopo esprime il punto vista israeliano: “Nel merito l’accusa è del tutto infondata: Per genocidio, secondo la definizione dell’Onu, si intendono «gli atti commessi con l’intenzione di distruggere un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso». Che vi sia da parte di Israele «l’intenzione di distruggere» i palestinesi è un’affermazione insensata. La popolazione palestinese residente, secondo le dichiarazioni dello «Stato di Palestina» era nel 2023 di 5. 483. 000 persone, di cui circa 1,8 milioni a Gaza con una crescita annua intorno al 3, 3% (180. 000 persone), che non è diminuita quest’anno. Secondo i numeri di Hamas in tredici mesi di guerra sono morte 43. 000 persone (ma Israele contesta queste cifre e l’Onu dice di averne potuto accertare solo 8. 500). Si tratterebbe comunque di meno dell’un per cento della popolazione, un quarto della crescita demografica annuale. Sono numeri che dimostrano in maniera chiarissima che Israele, lungi dal voler «distruggere» la popolazione civile, ha cercato come poteva di tutelarla, annunciando in anticipo e dettagliatamente le zone sottoposte ad offensiva, indicando vie di fuga e luoghi sicuri, introducendo centinaia di camion di rifornimenti al giorno, anche con la consapevolezza che i terroristi si sarebbero impadroniti della maggior parte di questi aiuti per usarli a loro vantaggio. Non è mai esistita nella storia una guerra in cui un esercito si facesse carico in maniera simile della necessità di salvaguardare nei limiti del possibile la popolazione civile. ( ) Il 7 ottobre 2023, quando i terroristi irruppero nel territorio israeliano, uccidendo più di 1200 persone, rapendone più di 200, violentando, bruciando vivi vecchi e bambini, sparando 5000 missili sulle città, le difese intorno a Gaza erano deboli, perché Israele non credeva a una guerra. Essa invece era stata preparata e progettata per anni dall’Iran e dai suoi satelliti, accumulando quantità enormi di armi offensive. ( ) Un modo per fermare i combattimenti e le morti c’è ed è facile: basterebbe che i terroristi restituissero le persone che hanno rapito, consegnassero le armi e si arrendessero.

Non mi sento di commentare queste affermazioni, che lascio alla coscienza informata dei lettori. Allargando lo sguardo, non posso però sottacere che prima del fatidico 7 ottobre la politica di sicurezza di Israele stava modificandosi: dalla deterrenza militare allo sviluppo degli “Accordi di Abramo” che stavano per essere sottoscritti anche dalla Arabia Saudita. Da allora si è ritornati alla deterrenza, è diventato chiaro che il piccolo Stato d’Israele tornava ad essere Davide che deve combattere contro il gigantesco Golia costituito da centinaia di milioni di avversari più politici che religiosi, alcuni dei quali, principalmente l’Iran facevano dell’annientamento (questo sì genocidio) d’Israele il loro programma politico e la carta da giocare per la supremazia all’interno del mondo islamico. Mi trovo quindi nella scomoda posizione di voler rifiutare anch’io “l’eccesso di legittima difesa” scelto dal governo israeliano, ma senza saper indicare un’alternativa alla deterrenza militare.

(O) Se ci sarà una tregua, avverrà solo per il temporaneo esaurimento delle risorse belliche; perciò è necessario andare oltre ogni possibile negoziazione, ripeto, necessaria ma non definitiva e ritrovare quel fondamento di umanità a cui pensa Papa Francesco, ben aldilà dell’appropriatezza o meno delle sue espressioni giuridiche e della apparente concessione alla mentalità antioccidentale. Questa condizione vale, a maggior ragione, per i simpatizzanti “pro Pal” che in Europa e in America credono erroneamente di stare dalla parte del debole e dell’unico oppresso.

(S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti (F) Bruno Forte (D) Intervistatore (C) Costante

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