Un tempo, Varese era l’ombelico del mondo “bianco”. O per lo meno, l’Italia degli anni ’60 era il cuore europeo degli elettrodomestici da cucina: merito della Ignis di Giovanni Borghi a Comerio e non solo: erano Zanussi / Zoppas, la Candy dei Fumagalli, la Indesit dei Merloni. Poi il modello familiare si ruppe. Zanussi divenne Electrolux, a Ignis diventò Philips e anche quando gli americani di Whirlpool la comprarono per sbarcare in Europa, Comerio restò la sede internazionale. Almeno fino al 2016 quando questa fu trasferita nell’area milanese. Resisteva Cassinetta, polo produttivo, nel frattempo specializzato sulla linea più remunerativa dei prodotti da incasso.
Oggi si fanno i conti con quel che resta. Perché non si tratta solo di “consolidamento”. Whirlpool ha segnato la chiusura di Trento (2014), poi quella di Napoli (2019). Nel 2023 ha chiuso le attività europee (più Medio Oriente e Africa) conferite a una società in cui i Turchi di Arcelik controllano il 75%. L’ingresso dei di Arcelik, alias Beko, come segnalavamo su queste colonne nel gennaio dello scoro anno, non poteva che tradursi in ulteriori “razionalizzazioni” in un mercato che non cresce ma cala in doppia cifra. Beko ha già annunciato, con conseguenti licenziamenti, la chiusura della piccola fabbrica in Gran Bretagna a Yate, e di quelle in Polonia con circa 1800 dipendenti coinvolti, di Lodz e, parzialmente, di Wroclaw,.
In Italia, dove Whirlpool aveva (con Indesit) sei poli, le cose vanno più a rilento, anche perché il governo ha deciso nel maggio 2023 di mettere la Golden Power: uno strumento ormai abusato che per tutelare imprese strategiche ai fini della sicurezza nazionale, oggi declinato a protezione dei livelli occupazionali. A rischio sono i restanti impianti e la sensazione, visto che i segnali di difficoltà non sono di oggi, è che Beko si sia assunta la parte del “lavoro sporco”, mentre gli americani si disimpegnavano. Curiosità: tra il 2023 e il 2024 nella classifica Usa di Newsweek della responsabilità sociale, Whirlpool è precipitata dal terzo al 74esmo posto.
Nelle ore in cui scriviamo viene presentata al Governo la “parte italiana” del piano industriale che mette a rischio un fetta importante dell’impianto di Cassinetta. Mentre sono confermati i due pilastri dei forni e dei microonde da incasso, la scure si abbatterebbe sul terzo settore “varesino”: quello dei frigoriferi. Si tratta di 900 dipendenti su quasi 2200 del polo sul lago.
Se n’è discusso anche in un consiglio comunale svoltosi nelle sale di Villa Recalcati della Provincia. Approvando all’unanimità, pur con qualche distinguo, la mozione presentata dal sindaco Davide Galimberti e un emendamento di Salvatore Giordano (FdI), il Consiglio ha confermato in sostegno al ruolo del governo nella discussione attorno al tavolo di crisi, puntando al “pieno mantenimento dell’attuale quadro produttivo e occupazionale”. Soprattutto da parte sindacale, con le relazioni dei segretari provinciali di Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil si è assistito a un significativo approfondimento dei temi. Il dibattito sul fronte “politico” è stato invece piuttosto deludente, con la manifestazione generalizzata di una non comprensione del problema (con la scontata eccezione della vicesindaca Ivana Perusin, che a Comerio ha passato vent’anni da manager di alto profilo, prima di abbandonare l’azienda per Palazzo Estense). Si sono così succeduti interventi “col cuore”, ma senza inquadrare le ragioni della crisi: richiami al ruolo “storico e sportivo” di un passato ormai remoto, rimbrotti all’ “ansia dei profitto”, confuso col fatturato, quando ormai da anni Whirlpool in Europa perdeva soldi, nessuna analisi su quote di mercato, sulla trasformazione della domanda. Nessuno a ricordare che Arcelik ha 14 fabbriche in Turchia e altre in Egitto. Conseguenze: appelli a incentivi all’acquisto, che probabilmente finirebbero alla concorrenza, proposte per creare una ZES, ovvero Zona Economica Speciale a fiscalità agevolata, come se Varese fosse Enna o Siracusa, e che sarebbe considerata “aiuto di Stato”, come ha ben ricordato Matteo Bianchi, oppure l’idea di utilizzare i ristorni fiscali del frontalieri per dare sostegni (bocciata da Galimberti come “prematura e impropria”)
Si ragiona di crisi “aziendale” quando è in corso una trasformazione su scala mondiale. Electrolux del resto con gode di buona salute – e con essa anche il vicino impianto di Solaro – mentre le voci di vendita del gruppo svedese (ad Haier?) si rincorrono da tempo. L’Europa non cresce e la sovraproduzione è ampia. Voci si riconcorrono su una possibile vendita totale di Whirlpool che oggi mantiene le Americhe e l’India. Con le arie protezionistiche Usa, potrebbe interessare un gruppo europeo come Bosch che soffre nell’auto. I numeri sono impietosi: Whirlpool ha un valore borsistico di 5 miliardi di dollari. Electrolux la metà, quando la cinese Haier (che controlla anche Candy e Hoover) “vale” 35 miliardi, Midea ben 70 miliardi.
Forse vede giusto Silvia Pagani, capace direttrice di Confindustria Varese, che in uno stringato intervento promette interesse e sostegno in eventuali attività di ricollocamento e formazione del personale. Il settore degli elettrodomestici ha ormai cambiato pagina.
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