Esprimere il mistero e la forza della preghiera non è impresa da poco. «Essa si lascia descrivere sempre e solo nella semplicità di coloro che la vivono. Il Signore, d’altronde, ci ha avvertito che quando preghiamo non dobbiamo sprecare parole, illudendoci di essere per questo ascoltati. Ci ha insegnato a preferire piuttosto il silenzio e ad affidarci al Padre», come dice papa Francesco.
Con il Giubileo ordinario del 2025 ormai alle porte è necessario tornare a riflettere se ci sia un’altra strada da percorrere, oltre a quella della preghiera, per vivere a pieno la vita cristiana, tanto più in un momento così difficile, segnato da guerre e violenza, mancanza di cuore e diffusa disumanità.
Francesco, dedicando l’anno 2024 alla preghiera, dà un chiaro messaggio di conferma, evidenziando che essa è il primo vero cardine della vita cristiana, è il «respiro della fede, e la sua espressione più propria». Anche per questo egli l’ha posta al centro del pontificato. Nessuno dimentica la frase ripetuta dal Papa al termine di ogni discorso, dal 13 marzo 2013 ad oggi: «Per favore, non dimenticatevi di pregare per me», richiesta che comunica umiltà, desiderio di collaborazione e di coinvolgimento di ciascuno di noi, e molta fiducia nella preghiera.
Bergoglio, animato dall’insegnamento dei Vangeli («Signore, insegnaci a pregare» Lc., 11, 3-4), ha dedicato ampio spazio alla preghiera pubblicando scritti che insegnano a riscoprirla e ad apprezzarla, evidenziando la necessità di «ritornare a pregare», rifacendosi alle parole di padre Turoldo.
Anche nei giorni scorsi il suo invito a pregare per la pace in Ucraina, a Gaza e in Israele, e per le recenti devastazioni provocate dal maltempo a Valencia, ha fatto eco in piazza San Pietro durante l’udienza generale.
Francesco, dopo aver deposto un fiore davanti all’immagine della “Virgen de los Desamparados, patrona della città spagnola colpita dalla tempesta Dana, ha dedicato un’altra riflessione alla preghiera, ribadendo che deve essere spontanea e libera, da figli e non da schiavi: «Ma non pregate come pappagalli, per favore! Non dire bla bla bla…No. Di’: Signore, ma dillo con il cuore. Aiutami, Signore, ti voglio bene, Signore». La preghiera, dunque, nasce da un bisogno del cuore, e quando non si avverte occorre chiedersi perché manchi. Essa è soggetto e oggetto dello Spirito Santo, che è Colui che dona la preghiera ed è Colui che è donato dalla preghiera; Spirito che nel Nuovo Testamento si fa sempre presente durante l’orazione come accadde a Gesù quando venne battezzato nelle acque del Giordano, mentre «stava in preghiera» (Lc., 3, 21).
Lo Spirito è maestro di preghiera, ci insegna l’importanza di dedicarla a fratelli, a malati, a carcerati e anche alla suocera, dice ironicamente il Papa, evidenziando che la preghiera più gradita a Dio è disinteressata.
La preghiera non è soltanto un dono che l’uomo può usare per stabilire il contatto con Dio, ma è anche un dialogo pieno di coraggio, che oltre a renderci umili consentendoci di riscoprire la nostra povertà nella solitudine, come Madre Teresa diceva («Senza Dio siamo troppo poveri per poter aiutare i poveri!»), aiuta anche a sentirci parte di una comunità che si cura dell’altro, che non dimentica i fratelli, ma è generosa nel donare il suo bene gratuitamente. In tempi difficili e complessi come i nostri, la preghiera conserva il valore di insostituibile strumento di riflessione interiore, dialogo e conforto. Una risorsa da non trascurare.
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