L’Associazione che rappresento si è occupata molto delle condizioni fatiscenti della Cascina Burattana, data al Comune di Busto Arsizio per donazione poi regolarmente accettata. Abbiamo chiesto con più lettere al Sindaco di intervenire per fare almeno quelle opere più semplici che scongiurassero crolli rovinosi nell’edificio. In considerazione di una mancata risposta del primo cittadino di Busto Arsizio ho provveduto a presentare, per conto dell’associazione già il 5 novembre del 2021 un ricorso al tribunale di Busto Arsizio perché potesse essere attuato quanto richiedevamo in base anche al vigente codice penale.
In questo contesto, a mio avviso, parrebbe configurarsi il reato di cui all’art. 677 c.p. Come noto, infatti, il bene giuridico protetto dalla predetta norma è l’incolumità pubblica messa in pericolo da una condotta consistente nell’omessa rimozione del predetto pericolo che la struttura potrebbe, anche in via meramente ipotetica, cagionare a danno delle persone.
Il reato previsto dall’art. 677 c.p. si realizza allorché il proprietario non si sia attivato per rimuovere le cause del pericolo accertato, a nulla rilevando né l’ignoranza dello stato di pericolo in cui versi l’edificio (rientrando nella normale diligenza del proprietario di un immobile curarne lo stato al fine di evitarne una rovina pericolosa per la pubblica incolumità), né una preventiva diffida con la previsione di un termine perentorio da parte della pubblica autorità.
Il momento consumativo del reato coincide con il momento in cui sorge lo stato di pericolo senza che si ottemperi all’obbligo di eliminarlo. Né basta che questo onere sia in seguito adempiuto, sia pure in modo idoneo e sufficiente ad eliminare la probabilità o la possibilità di pericolo: esso deve infatti essere eseguito anche tempestivamente. Per rovina deve intendersi non solo il crollo improvviso o il disfacimento dell’edificio o della costruzione nella loro totalità o nella maggior parte, ma anche il distacco di una parte non trascurabile di esso quale l’intonaco, il cornicione, un balcone, una finestra, un muro, con rischi per l’incolumità delle persone.
L’inosservanza dell’obbligo di provvedere all’esecuzione dei lavori necessari a rimuovere il pericolo di rovina in edifici o altre costruzioni è reato proprio che può essere commesso dal soggetto che, pur non essendo proprietario, ha l’obbligo – per fonte legale o convenzionale – di conservazione o vigilanza sul bene.
Facendo riferimento al recente articolo speciale pubblicato su La Prealpina si evince la grave incuria dell’immobile e il pericolo immanente ed imminente per le persone che vi si trovano illegalmente. Malgrado appunto il giornale locale abbia appurato con facilità la rottura delle reti che circondano la cascina, l’incuria del terreno, la presenza di panni stesi che dimostrano una continua vita nell’edificio, nonché di avanzi di cibo e di resti di bottiglie mi chiedo il motivo per il quale la Procura della Repubblica non abbia trovato nella diffida da me presentata e qui riassunta la molla per poter intervenire sanando il disordine e la pericolosità attuale della Cascina.
Neppure ho ricevuto una risposta nonostante nell’esposto stesso avessi richiesto di essere avvisato anche in caso di rigetto ai sensi dell’art. 408 c.p.p.. Ricordo che la Cascina è anche un edificio storico di grande valore, essendo ubicata sui terreni in cui si svolse la Battaglia di Legnano, e una delle più antiche della città di Busto Arsizio, con la sua forma a “C“, un tempo circondata da vigneti e filari di gelsi. Situata a Borsano, trae le proprie origini alla fine del ‘600. Spero che questa mia possa smuovere chi di dovere ad intervenire come auspico nelle mie lettere.
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