È diventata ormai una moda trasformare ogni avvenimento atmosferico in “straordinario”: a volte (come a Valencia) lo è ma altre volte è sensazionalismo esagerato.
Sul lago, per esempio, quando piove un po’ è normalissimo che si alzi il livello delle acque senza per questo causare grandi danni. Anzi, una volta le piene erano benedette perché portavano a valle rami ed alberi strappandoli dalle montagne, legna che erano una manna per le popolazioni rivierasche.
Era la “buzza”, quella che creava delle isole galleggianti che dopo giorni di navigazione spinte dal vento vanno poi ad arenarsi lungo le coste.
Appena passato il temporale (puntuale la buzza di fine agosto, quella che arrivata verso San Bartolomeo che come cade il 24 agosto, fedeli al proverbio che “La buza di San Bartulumè l’arriva ul dì davanti u al dì d’andrè”) o all’inizio di novembre tutti andavano a recuperare la legna lunga la riva oppure, i più fortunati, con la barca. Si lasciavano perdere salici e frassini che “rendono” poco puntando sui faggi, i castagni, le querce. Le piante venivano subito “segnate” (ovvero indicando il ritrovatore) perché non ci fossero dubbi e poi portate a riva.
Nei giorni successivi venivano tagliate, accatastate e mese ad asciugare per fornire la legna da ardere nell’inverno successivo facendole asciugare bene.
La legna dei poveri (all’Isola del Pescatori avreste visto per tutta la riva grandi cumuli di legna coperte da una lamiera, la riserva invernale) ma anche dei ricchi.
Si approfittava infatti della “buza” per la flottazione, un sistema ingegnoso per portare a valle il legname senza fatica.
In montagna, infatti, gli alberi (pensate a quelli della Valgrande) venivano tagliati, “marchiati” ed accatastate sui bordi dei fiumi in attesa della piena e poi buttati volontariamente nella corrente che li trascinava a valle.
Alla foce barche munite di pertiche e rapini raccoglieva la legna che arrivava al lago, la divideva secondo i proprietari e ancora nelle foto dell’800 potete vedere le grandi cataste di legna raccolta che poi veniva stipata sulle barche ed inviata verso il Ticino e il milanese. Una pratica che si interruppe con l’avvio dell’energia idroelettrica che necessita di un flusso costante di acqua nelle varie “ronge” (canali) che servivano anche a far muovere i telai delle fabbriche. Pagine di storia locale che ormai non ricorda più nessuno.
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