Devo fare memoria del Cardinale Branda Castiglioni (1350-1443), che nel borgo natio: Castiglione Olona, in provincia di Varese, eresse, tra molti edifici esemplari, la sua Collegiata (1422 – 1425).
Il Cardinale mi spinge a fare questo passo perché, forse, non tutti i visitatori dell’egregia sua opera, si sono resi conto di quante complessità di funzioni il Cardinale le assegnò, per segnalarla ai suoi fedeli, dunque affidarla a noi.
Anzitutto per fare tradizione. Il che vuol dire, per l’appunto, trasmettere, consegnare un bene, un monumento, un’opera letteraria ecc. per affidarla ai posteri.
Convinti pertanto che stiamo ricevendo un dono raro e prezioso, dobbiamo valutarlo nella sua totalità e non fermarci a considerare la Collegiata semplicemente come una chiesa tardo-gotica.
Vuol dire, arrivati a lasciare la macchina nel posteggio ai piedi del colle, considerare
come ci appare il complesso che sovrasta il suo crinale.
Concentriamo la vista sulla sola collegiata. Essa ci mostra un forte zoccolo che fa da basamento all’abside poligonale della chiesa, e la eleva a quota superiore del suo interno. Ciò induce a pensare che, al piano inferiore, ci sia una cripta; al superiore una stanza riservata al Cardinale o ai suoi collaboratori: i componenti del Collegio dei sacerdoti reggenti, per cui la chiesa si chiama Collegiata.
Arrivati sul sagrato, la Collegiata appare di dimensioni ridotte rispetto a quelle presunte dalla veduta retrostante, mostra una facciata a capanna, in caldo laterizio ben ordinato, divisa da due forti lesene in tre campi, equivalenti alle tre navate interne.
Ammirato il portale che deriva dalla demolizione di quello originario e che si presenta ingrandito e rialzato tanto da aver sacrificato lo spazio di giusto respiro che avrebbe dovuto pretendere il rosone, vi conviene considerare a che cosa potevano servire le due finestrine quadrate sopra quelle slanciate, gotiche, dei finestroni, e le due monofore nella porzione alta del campo centrale della facciata.
Se vi furono aperte, e con tale rifinitura, vuol dire che servivano a qualcosa all’interno. Osservando, per doverosa curiosità, il fianco destro della Collegiata (destro per voi che la state guardando), rileverete altrettante aperture di finestrelle senza qualità architettonica, aperte addirittura in scasso nel profilo di archetti ciechi pensili in laterizio, comunque segnali che dovevano dare luce all’interno.
Entrando finalmente nella navata centrale della Collegiata avvertirete non tanto una quantità e qualità eccelse di luce, quanto piuttosto un triste segnale di finte architetture dipinte alla gotica nel 1859.
Dove sono quegli spazi che dovevano essere serviti da quelle aperture rilevate all’esterno? Sopra le navate laterali, cui si sale con un certo impegno dalla sacrestia, e si scopre, su quella di destra, una sequenza di stanze, servite pure da un camino, segno di vani da abitarsi da parte di qualche collegiato, o meglio dal sacrista. Su quella di sinistra nessuna opera edilizia portata a termine. Le belle monofore aperte sulle volte della navata centrale servono probabilmente a darle luce e ad arieggiarne lo spazio.
Proseguendo la salita, si giunge sopra la volta affrescata dal Masolino, e ci si trova in un ampio vano poligonale, come la sottostante abside, che doveva servire a conservare i tesori della Collegiata, che furono depredati ai primi del Cinquecento, nel 1513 e nel 1522, da mercenari svizzeri ( Grazie, Laura).
Gli spazi appena descritti non sono aperti al pubblico, ma ci sono e servono a far capire come la mole della Collegiata compendiasse in sé diversi servizi, non ultimo quello di conservare tesori tra i quali i codici miniati che il Branda raccoglieva.
Chi, leggendo Il nome della Rosa di Umberto Eco, fu affascinato dalla ricostruzione di quel mondo di libri ed amanuensi intenti a conservare e a tramandare i testi della cultura antica, in una grande torre, deve pensare che, in forme ridotte, lo stesso impegno lo aveva assunto il Branda il quale, non bastandogli la Collegiata, aveva fatto costruire una Scolastica: una scuola di grammatica e di canto, assolutamente gratuita, per educare quei giovani non abbienti ma dotati che altrimenti sarebbero rimasti a mungere mucche o a pascolare maiali. Quando fu eretta (oggi è la sede del Municipio), un maestro di canto insegnava ad otto coristi (la formazione doveva servire agli scopi delle funzioni della chiesa) e nella scuola di grammatica ad una novantina di ragazzi, provenienti dai paesi circonvicini. Il Cardinal Branda provvedeva a sue spese al mantenimento di tutto questo, dotandolo con un cospicuo patrimonio per assicurare nel tempo la sopravvivenza dell’istituzione, e la sua opera merita di essere ricordata anche per questo aspetto di impegno umanistico.
Del resto, a farne per primo memoria scritta, affidata ad una pergamena velina depositata alla sua morte nel suo sepolcro, fu il suo segretario Giovanni da Olmutz. Quella memoria venne alla luce il 13 giugno del 1935, quando si fece la ricognizione della salma del Cardinale, scoperchiando il magnifico sepolcro lapideo che si trova in fondo alla Collegiata, sulla sinistra. Fu studiata e pubblicata dal Barili(1938), ristudiata e ben compresa dal Cazzani(1967) e poi scomparve in qualche cassetto. Quando fui incaricato di fungere da conservatore del Museo della Collegiata, sul finire del secolo scorso, la ricercai e feci sapere che doveva essere da qualche parte. Un bel giorno, che fu fortunatissimo, venne da me una persona di chiara fama di Castiglione Olona che, avendo constatato che stavo facendo un buon lavoro per salvaguardare il complesso della Collegiata, mi lasciò sulla scrivania una pergamena arrotolata, dandomi soltanto un’occhiata d’intesa. Non una parola. La svolsi e ringraziai Giovanni da Olmutz di averla scritta e l’ingegnere di avermela riconsegnata, giacché, a suo modo, l’aveva salvata.
Oggi si trova nell’archivio della parrocchia, benissimo conservata. Mi auguro che col tempo potrà essere esposta definitivamente, con tutti i crismi, nel Museo della Collegiata perché leggendola tutti potranno capire che grande uomo fu il Cardinale Branda Castiglioni.
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