I democratici sbagliano tutto, i repubblicani fanno bingo. I democratici sbagliano i tempi d’uscita di Biden dalla scena, sbagliano nell’individuare chi lo sostituirà nella corsa alla Casa Bianca, sbagliano a far campagna elettorale scartando alcuni temi a privilegio di altri. I repubblicani dan retta alla voglia di reconquista di Trump, gli affiancano un vice più estremo di lui, pigiano il tasto pratico/economico sicuri che le classi popolari apprezzeranno. E va proprio, curiosamente, in questo modo: il miliardario Trump, fiancheggiato dal miliardario Musk, prende i voti dei ricchi e dei poveri. Ma che capolavoro di propaganda, bisogna riconoscerlo. Guru, élites ed establisment messi ko.
E adesso? Adesso, da programma dei vincitori, l’America sarà più protezionista, meno filo europea, molto distaccata con Zelensky, poco comprensiva con gli anti-Netanyahu. Vorrà più dazi sulle merci di Germania Francia Italia eccetera, più soldi dai Paesi aderenti alla Nato, più voce nel determinare il rapporto Occidente-Oriente. Avviso agli alleati storici: il Gran Ciuffo pretende qualcosa di concreto in cambio del mantenimento d’un ombrello di tutela nucleare. O l’Ue si adegua o faccia da sola. Davvero? Mah. Quasi mai alla propaganda corrisponde la governance. Ci vogliono realismo, mediazione, accortezza.
Neppure Trump, che è Trump, manterrà ogni promessa. Ne scorderà un sacco, in nome della convenienza. Gli viene un piccolo esempio dalla piccola Italia. La Meloni del ’24 è tutt’altro della Meloni del ’22. Ha rinunziato ai sogni, si contenta del pragmatismo. Basta constatarne l’atteggiamento verso Von der Leyen e Commissione di Bruxelles: non li voto, ma ci credo. Del resto siamo la terra del Machiavelli. Una terra universale, all’occhio di chi comanda. Lo sarà anche all’occhio di Donald, lo spericolato praticone che bada agli affari, compresi quelli politici, senza curarsi delle contraddizioni. Forse non sarà lui a marchiare di sé il mondo conservatore-moderato e invece l’opposto: il mondo conservatore-moderato (oremus) a mitigare lui. In qualche modo obbligandolo a un parziale reset politico, se il presidente degli Stati Uniti vorrà durare. Spiegano Draghi e Monti che possiamo influire nell’operazione. Possiamo, noi tutti uniti del Vecchio Continente.
Certo è però che negli States Trump, almeno per due anni e cioè sino alla verifica parlamentare/legislativa di mid term, avrà un potere impermeabile alla regola del checks and balances: i pesi e contrappesi stabiliti dalla più antica delle moderne democrazie sono quasi tutti nelle mani d’un uomo solo, il cui partito domina Camera, Senato, Corte Suprema. E dunque l’autocrazia temperata è al momento la sola speranza concreta di chi ha creduto nell’astratta liquidazione d’un inquietante populista. Lo zar d’America.
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