Certi canali televisivi sono come i CD musicali: una generazione ci è affezionata, per quella dopo sono modernariato.
Raidue è delle tre reti principali Rai quella che se la passa peggio ormai da anni, a livello di identità editoriale. Appannaggio della destra (fosse di governo o di opposizione) dal remoto 1994, dopo essere stata feudo socialista ai tempi del pentapartito, rimane pur sempre il canale “giovane” dell’Azienda di Stato, quello che ha ospitato le rivoluzioni arboriane di Indietro tutta! e L’Altra domenica, l’epopea di Blitz con Gianni Minà e di Mixer con Minoli, la rete che ha consacrato i talk di Michele Santoro del giovedi e in tempi recentissimi, ha lanciato la fortunatissima serie “Marefuori”, prima che lo streaming gliela rapisse.
Ma oggi i numeri della rete sono impietosi, tanto che i più malevoli tra gli analisti la chiamano “Rai2%”.
Anche il nuovo anno televisivo 2024/25 non ha in questo senso dato la scossa alla rete, che a onor del vero è quella che più si lancia nel testare formati nuovi, anche se zoppicanti nell’impianto e nella conduzione.
L’esempio ultimo e più eclatante è quello de “L’altra Italia”, il talk di prima serata del giovedì affidato all’ex Iena Antonino Monteleone, chiuso dopo appena cinque puntate, dopo essere stato presentato solo pochi mesi fa come uno dei programmi più attesi dell’anno. A quanto risulta, il costo di ciascuna delle 33 puntate previste era di circa 180.000 euro
Monteleone nel suo precedente programma di Italia1 si era costruito una buona notorietà imbastendo inchieste sui casi di (presunta) malagiustizia, come quello di Olindo e Rosa; l’inchiesta condotta da Monteleone, in tandem con la difesa degli imputati, aveva in quel caso praticamente ottenuto il processo di valutazione di riapertura del caso, pur essendo già arrivato alla sentenza di terzo grado. Nelle motivazioni del respingimento, il Giudice richiamò persino la tambureggiante campagna mediatica sul caso come uno degli elementi che avevano portato alla decisione di riaprire il caso.
Ebbene, con “L’Altra Italia” Monteleone ha fatto un tremendo buco nell’acqua: lo share è sceso persino sotto la soglia dell’1% (un baratro di portata epocale, per una prima serata!) tuttavia la volontà dell’azienda, impegnata come spesso è stato detto a proporre “una nuova narrazione del paese” al paese, per ben cinque settimane non ha desistito dall’intento, forse anche sospinta da un contratto molto ricco siglato col conduttore. E’ infine di questa settimana la notizia che l’Azienda, le direzioni distribuzione e marketing con il conduttore si sono presi una pausa, per tornare con una nuova proposta e una nuova e più efficace collocazione in palinsesto.
Tra i programmi che stentano su Rai2 si può citare anche il nuovo format condotto da Luca Barbareschi “Se mi lasci non vale”, che vorrebbe andare in scia del successo del must di De Filippi su Canale5 “Temptation Island” ma si è arenato – per proseguire nella metafora marinaresca – nelle secche di risultati assai insoddisfacenti e costretto a cambiare giorno di programmazione dopo appena due puntate.
Dietro a ogni programma non c’è solo un conduttore famoso e ben pagato, ma molte persone che ci lavorano, si impegnano e sperano che le cose vadano bene: giusto tenerne conto prima di staccare spine e tagliare teste, doveroso non lasciare nelle difficoltà nessun professionista. D’altra parte, l’esperienza insegna che rubriche partite piano, con l’abitudine e la messa in onda insistita acquistano un loro seguito, come nel caso di BellaMà condotto da Pierluigi Diaco.
Oggi come oggi, essere nei panni di chi decide il palinsesto di Raidue non deve essere per nulla facile.
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