Dostoevskij ne “I fratelli Karamazov” racconta l’esperienza vissuta da bambino con suo fratello Markel, gravemente malato: “Una volta entrai da solo in camera sua mentre non c’era nessuno. Era una sera limpida… Vedendomi, mi fece avvicinare, poi mi prese le mani. Prima mi fissò, infine mi disse: «Su, adesso va’ a giocare! Vivi per me!». Io, allora, uscii e andai a giocare. Mille volte, poi, nella vita mi ricordai tra le lacrime come egli mi avesse ordinato di vivere per lui”.
Nella preghiera per i morti diciamo “riposino in pace”. Non è il riposo dopo la fatica della vita, ma “l’eterno riposo”, che è il riposo di Dio come al compimento della creazione: “e Dio vide che quello che aveva fatto era cosa molto buona”.
Forse non ci hanno mai detto come vivere, ma hanno vissuto e ci hanno fatto vedere come vivevano. Pensiamo a questi nostri santi come angeli custodi e proviamo a pregarli come una volta: “Tu che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi (proteggi), governa (guida) me che ti fui affidato dalla pietà celeste (dall’amore vero)” come figlio, nipote, compagno….
Vi preghiamo, oggi, di illuminare i nostri passi incerti, di custodire le nostre case minacciate dalla paura e dal male, di proteggere i cuori feriti, di guidare verso la salvezza noi e la nostra società.
I nostri morti, nella “beatitudine” dei santi, ci guardano come dagli spalti di uno stadio. Noi in campo, stiamo giocando la partita della vita, col nostro ruolo, corriamo avanti e indietro, fino a quando l’arbitro fischierà anche per noi la fine della partita. Ma fino ad allora i nostri cari tifano per noi, condividendo la gioia dei momenti belli, incoraggiandoci quando la fatica si fa sentire, spronandoci se gli avversari schiacciano e ci sentiamo perdenti, ammonendoci se facciamo male agli altri con falli sleali, fischiandoci se mediocremente non ci mettiamo in gioco.
Chiediamo ai “santi di casa” di continuare a sostenerci, di insegnarci a gustare fino in fondo una “vita bella”, a renderci conto di tutto ciò che ci viene donato, a scegliere una qualità alta contro la mediocrità, a cogliere il valore della beatitudine evangelica, quella pienezza di vita che non dipende da cose o persone, ma che è grazia, è gratis, è grata. Sentiamo il Signore morto e risorto dirci oggi con i nostri cari: Su, adesso va’ a giocare la vita! Vivi per me!
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