Nel mezzo del cammin della mia vita, mi ritrovai dietro una cattedra, solo ed isolato, di fronte ad una foresta di ragazzi che dal proprio banco puntavano lo sguardo severo e indagante sul giovane insegnante. Ero nella condizione di stare su di un trono, ma non insanguinato, quando una foresta di alberi si mosse incontro per spodestarmi. In quegli anni furoreggiava Akira Kurosawa, che si ricordava di Shakespeare.
Così toccò alla altrettanto giovane insegnante di scienze di veder venire verso di lei tutti i banchi, come una testuggine romana, in sommessa sommossa, all’ordine dato dal fondo dell’aula dove stava compatta la centrale operativa, nella quale non si batteva chiodo senza averne stabilito il come e il quando, e si piantavano piantine di zizzania con un sorriso angelico che mai avresti ritenuto capace di essere così perfido.
Il malcapitato professore di ruolo di matematica e fisica si ruppe l’orologio e forse si lussò il polso, prendendosela con il legno della cattedra mentre avrebbe voluto prendersela con il legno di altre parti del corpo discente.
Io venni risparmiato, forse perché nativo di qui, valutato discreto giocatore con il pallone, impermeabile a certe provocazioni che bisognava evitare di considerare come tali, ragion per cui i ragazzi della Prima B decisero di insegnarmi ad insegnare.
Li ringrazio tuttora anche perché dall’Università si esce con la laurea in lettere moderne, e quindi con una abilitazione ad insegnare italiano e latino, anche la mia prediletta storia dell’arte, ma non con la patente di insegnante, che l’istituzione accademica non deve dare. Bisogna conseguirla sulla propria ed altrui pelle.
La storia dell’arte: materia talmente negletta che in un Liceo come si deve bastava un insegnante per coprire dodici ore di lezioni. Chi non ricorda che al Classico storia dell’arte prende a malapena un’ora in prima, un’ora in seconda e finalmente due ore in terza?, per arrivare al massimo a parlare di Caravaggio, senza far vedere una straccia di illustrazione, o diapositiva, ragionando dell’arte in bianco e nero? Così vissi i miei anni scolastici proprio al Cairoli di Varese.
Li ripagai, i miei docenti, l’anno seguente, quando, ancora annuale supplente, li ebbi di fronte tutti insieme, dall’inizio alla fine. Li feci studiare di più del solito dopo aver concordato con loro il perché ed aver doverosamente avvertito il preside Bolgeri che ci saremmo presi una licenza didattico-educativa.
Lascio la parola al mio avvocato che, essendo parte in causa, ha ben inteso il perché della mozione di affetti e me ne ha fatto dono in un opuscolo di sua invenzione e produzione, del tutto riservato, stampato il 24 novembre 2018, cui oggi attingo rendendolo in parte pubblico, correndo il rischio di venir citato per… lo sa il Fabio perché. È un pro manuscripto di F. B., Ci siamo conosciuti… martedì, pagine non numerate.
“Partendo dalla constatazione che nello stesso anno scolastico le diverse materie (letteratura, arte, storia, filosofia ) esaminavano periodi diversi e che il passaggio da un’ora di lezione ad un’altra comportava un salto di secoli, il Professore pensa ad una serie di relazioni coordinate che assumano come limite cronologico il secolo trattato in letteratura italiana. Ci si rende conto che non accadeva per caso che in un certo periodo si pensasse in un modo e si scrivesse o si scolpisse o ci si vestisse in termini conseguenti. Nel quadro delle relazioni sul ‘500 (storia, filosofia, arte, costume) parlai di moda proiettando diapositive in cui indossavo costumi cinquecenteschi -Sartoria Teatrale Bianchi di Milano, via Washington. Un approccio tanto partecipativo alla vita scolastica non poteva che produrre grande fervore di opere.”
Non ricordo bene, insomma gli anni passano, ma forse ci dovette essere campo anche per la storia della musica, ché l’impresa non sarebbe stata del tutto compiuta.
In proposito, oggi si insegna storia della musica in un liceo classico?
Il 12 aprile del 1966 sposai Bianca ed uscendo dal Battistero di Varese passammo sotto una galleria di braccia tese a mostrare il Sapegno, testo di riferimento per le nostre lezioni di letteratura italiana, momento raro di affetto di una classe: la Seconda B che non dimenticherò mai.
Grazie ragazzi, grazie amici.
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