Sono rientrato da un tour di tre settimane negli USA attraverso 10 Stati dal Nord-Est al sud, all’ovest del New Mexico e mai gli USA mi sono sembrati così incerti e non solo sul voto presidenziale, ma sul proprio futuro. Buona parte dei cittadini non si aspetta nulla di buono da due candidati generalmente considerati “il meno peggio” e che non convincono salvo i rispettivi aficionados, mentre la campagna si trascina tra insulti e volgarità. Evidente l’appoggio dei media per la Harris, ma ho trovato tante persone che voteranno Trump perché disorientati, stanchi, preoccupati per il futuro.
Effettivamente gli USA vivono oggi un mare di contraddizioni dove non puoi acquistare in farmacia un medicinale qualsiasi salvo una costosa quanto inutile visita medica e poi di fianco c’è il negozio che vende liberamente droghe e marijuana.
Polemiche assurde sull’aborto tra predicatori spiritati che urlano all’omicidio con la bandiera sullo sfondo e la bibbia in mano e chi invece vorrebbe liberalizzare tutto, poi scopri che un’infinità di ragazzine abortisce soprattutto perché non ha una minima idea sulla contraccezione: rispetto all’Italia mi sembrano realtà indietro di 40 anni.
Così come inverosimile il dibattito sulle droghe che si vorrebbero liberalizzare in modo totale e poi guidi tra una infinità di maxi-manifesti che lungo le strade pubblicizzano centri di disintossicazione per alcool, droga, farmaci, fumo, cibi-spazzatura
Un Paese che si rovina con alimenti pieni di additivi e zuccheri (ma dove tutto è proposto come “organic”) e che in più si riempie di integratori, con supermarket dove si vendono porzioni oscenamente grandi e tali da portarti fatalmente all’obesità, quella che viene poi combattuta a suon di riviste specializzate per dimagrire, diete, centri specializzati. Alla fine è visibilmente tutto un business, ma intanto agli incroci tanta gente che chiede la carità, “fatta” o visibilmente disperata.
Frutto anche di un’ondata migratoria dal sud del continente che si cerca di contenere in qualche modo ma che non è solo costituita da poveracci senza documenti, ma anche da bande di delinquenti venezuelani, colombiani, messicani e salvadoregni che si sono impiantati nelle città con vere e proprie bande armate organizzate, intimidazioni, racket e violenze al cui confronto la vecchia mafia italoamericana di un tempo sembra uno sbiadito club di educandi.
Un Paese dove tutto è grande, esagerato. Dalle distanze ai panorami imperdibili tra i più belli del mondo, dalle confezioni di pop-corn, alle dimensioni delle auto visto che appena fuori dalle città tutti si sentono realizzati solo guidando maxi fuori-strada che pur non vedono mai una strada sterrata.
Un Paese dove se guidi ubriaco vai in galera, ma dove chi non guida (si fa il turno) nel week end si stordisce con tutte le sostanze possibili. Un’America che appare un Paese sempre più vecchio, con infrastrutture ormai inadeguate. Il futuro è in Asia, non qui o nella vecchia Europa.
Un’America, infine, dove non si celebra più il “Columbus day” perché considerato razzista (anche se Colombo negli USA non c’è mai stato) e dove quindi si abbattono i suoi monumenti (almeno 33 negli ultimi due anni) soppiantando la festa con quella per i nativi americani. Recupero delle origini? Forse, ma intanto i corsi universitari sono riservati a maggioranza per le “minoranze” (ovvero per tutti salvo i bianchi americani) e dove se c’è il numero chiuso, come a medicina, conta sempre meno il merito e sempre di più l’appartenenza etnica. Un Paese incerto, chissà se in qualche modo riemergerà dopo il 5 novembre.
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