Le idee sono solide e presto si cimenteranno anche nell’agone politico. In quello delle elezioni per la Regione Emilia Romagna, da dove viene il riminese doc Stefano Zamagni, docente di economia all’Università di Bologna. L’idea forte, che ha le sue basi nella scuola economica di Antonio Genovesi nella Napoli di metà Settecento – dove viene aperta la prima facoltà al mondo di economia – e poi ancora prima in quella del francescanesimo, è quella di un’ “Economia Civile”, di tipo inclusivo, con tutte le conseguenze nel mondo di oggi. A partire dalla Sanità, dove Zamagni invoca un radicale ripensamento delle regole di gestione. Non a caso l’occasione per lanciare la sfida è un incontro, organizzato nei giorni scorsi all’Istituto De’ Filippi, promosso dal varesino Circolo della Bontà, che collabora attraverso idee e progetti concreti con le strutture dell’ASST Sette Laghi. In questa intervista a RMFonline, Zamagni spiega come affrontare in modo nuovo una sfida che è ormai aperta.
La dottrina cui siamo abituati è quella del Settecento inglese, anzi scozzese, di Adam Smith: è l’economia politica che si studia all’università, perché era quella della società dominante del tempo. Il punto è che è quella dell’homo homini lupus di Thomas Hobbes, dove si agisce per il dovere delle regole e la convenienza dell’interesse. La conseguenza è un sistema pieno di regole e controlli perché c’è la sfiducia. Noi siamo invece per l’”homo homini natura amicus” di Genovesi, appunto, l’uomo amico per natura, E allora prevalgono i sentimenti della fiducia, della felicità contrapposta all’utilità, del benessere comune che non lascia indietro nessuno, invece del benessere totale, che punta a massimizzare la “somma” anche al costo di fare delle vittime, e poi il principio della sussidiarietà.
Oggi siamo di fronte a un mondo complessivamente ricco, ma che vede un’ineguaglianza senza precedenti. L’economia politica si basa sui paradigmi dell’interesse e del dovere, che si traducono nello scambio e l’obbedienza, ma noi introduciamo il terzo criterio che è quello dell’amore, che è reciprocità Soprattutto per il credente, questo è il principio di base: dare senza perdere e prendere senza togliere. Ed è la Comunità. Dall’idea aristotelica della dell’etica della virtù, si è passati purtroppo per la cultura occidentale, al paradigma kantiano dell’etica del dovere, che non considera l’amore.
Si, ma si guarda alla sussidiarietà verticale, dove il primo soggetto è il pubblico, e orizzontale, dove a guidare è il privato. Dobbiamo guardare anche a quella circolare, con una reale collaborazione, cui pensava già nel Duecento Bonaventura Bagnoregio, cardinale e filosofo che insegnò alla Sorbona, figura chiave del Francescanesimo. Non sono contro il mercato, solo che non basta. A proposito, lo sa che Luca Pacioli, l’inventore della partita doppia, era un francescano?
L’elemento in più della sussidiarietà circolare è che va oltre la contrapposizione pubblico / privato: c’è un ruolo per la comunità, che è coinvolgimento anche decisionale.
Occorre uscire dall’equivoco. La riforma sanitaria è del 1978, quando la riforma introduce la sanità pubblica universale. Il principio è buono, ma ha le gambe corte. I costi in fondo sono modesti e i conti tornano. Solo che il quadro sta rapidamente cambiando: in quegli anni si va incontro a un incredibile sviluppo delle nuove tecnologie nella medicina, utilissime e super-sofisticate, in una sanità sempre più volta alla specializzazione. E i conti non reggono
Sono scelte che vanno fatte, così come quelle sulla destinazione più generale della spesa pubblica. Però mi lasci dire anche che la sussidiarietà circolare non è quella, applicata in Italia e in Lombardia, dove alla fine lo Stato e la Regione decidono tutto e il terzo settore se va bene ci mette una pezza. Occorre essere parte del meccanismo decisionale.
Si, ma a guidare è sempre il mercato. Noi proponiamo un modello partecipato con un ruolo della comunità. Sta per uscire un libro che ho scritto con Luca Antonini, gallaratese giudice cella Corte Costituzionale. Lì avanziamo una serie di proposte.
Non è solo un progetto: Il nostro partito, “Insieme” è già attivo. Ci presenteremo alle regionali in Emilia e Romagna. Vogliamo uscire da questa dipendenza Destra / Sinistra. Però più che di ispirazione cattolica preferisco parlare di partito laico di “Ispirazione Cristiana”. Non si può continuare con l’atteggiamento del mugugno. Basta lamentarsi e basta: è ora che ci siano delle proposte con cui confrontarsi.
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