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Politica

IMPASSE

GIUSEPPE ADAMOLI - 18/10/2024

Alcuni giudici della Corte Costituzionale

Alcuni giudici della Corte Costituzionale

E così per l’ottava volta il Parlamento settimana scorsa non è riuscito ad eleggere un membro della Corte Costituzionale.

Non è la prima volta di questi enormi ritardi e non sarà probabilmente l’ultima. Ma è rilevante cosa nasconde e cosa rivela. Nasconde per un giorno la litigiosità delle opposizioni dovuta in parte a divergenze politiche e in parte ad interessi dei partiti.

Soprattutto è importante ciò che rivela. La volontà della maggioranza (soprattutto di Giorgia Meloni in questo caso) di non aprire un confronto con le opposizioni per la scelta della personalità da eleggere nel più alto organo di garanzia istituzionale.

Come tutti sappiamo la Corte Costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dalle supreme magistrature, per un terzo dal Presidente della Repubblica e per un terzo dal Parlamento in seduta comune. Il fatto assolutamente rilevante è che dopo le prime tre votazioni il quorum parlamentare indispensabile scende dai due terzi ai tre quinti dei deputati e dei senatori, un numero perfino più alto di quello richiesto per la nomina del Capo dello Stato.

La motivazione è facilmente comprensibile. Si vuole che i giudici della Corte siano il frutto di larghe intese politiche e non solo della maggioranza per quanto ampia possa essere. Il non aver capito questa implicazione ha scatenato le opposizioni con l’accusa a Meloni di voler intervenire anche sugli organi di garanzia.

Nell’atteggiamento delle opposizioni ha certamente pesato anche il fatto che il candidato Francesco Saverio Marini è il consigliere giuridico di Meloni. È successo anche in passato e l’ultima volta, soltanto qualche anno fa, quando fu nominato un consigliere di Mario Draghi allora presidente del Consiglio.

Ci sono però delle differenze rilevanti. La prima è che Draghi non era capo di un partito. La seconda che il candidato di Meloni è stato l’ideatore e l’estensore del progetto di elezione diretta del premier che passerà senz’altro all’esame della Corte e che, superando il probabilissimo referendum, cambierebbe un pilastro costituzionale.

Quest’ultimo fatto è rimarchevole ma può davvero giustificare le obiezioni di conflitto d’interesse avanzate dalle minoranze? Alcuni costituzionalisti dicono di no in quanto il prof. Marini non potrebbe votare sul premierato data la normativa in vigore sul conflitto d’interesse in seno alla Consulta.

Tuttavia il tema è caldissimo e la scelta del giudice costituzionale può essere risolta soltanto col dialogo con le opposizioni e non con atti di forza del governo come si è cercato di fare.

Mettendo insieme tutti questi elementi emerge chiaramente che l’impasse non è data dalla nomina di un rappresentante della destra al governo (ce ne sono alcuni con diversa connotazione) ma dalla inaccettabile forzatura delle norme costituzionali che postulano i contrappesi di garanzia affinché si eviti sempre una sorta di dittatura della maggioranza.

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