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Chiesa

SOTTO TRACCIA

SERGIO REDAELLI - 18/10/2024

papa“La guerra è un’illusione e sbaglia chi si crede invincibile, tutti rispettino le forze di pace Onu e si dia spazio alla diplomazia e al dialogo”, va ripetendo il papa sui conflitti in Medio Oriente e in Ucraina e le sue parole sgomente, mormorate sottovoce alla finestra di piazza S. Pietro, sembrano talvolta perdere efficacia, come svuotate, stanche, replicate inutilmente all’infinito: i potenti della terra non le ascoltano. Lo stesso destino hanno avuto altri pontefici regnanti in tempo di guerra nel secolo scorso, Benedetto XV e Pio XII. Profeti ignorati. Oggi, udendo Francesco sgolarsi senza esito, snobbato da governi ed eserciti, si può forse capire l’angoscia di Eugenio Pacelli in silenzio davanti al nazifascismo.

Ma davvero gli appelli di Bergoglio sono inutili? Assolutamente no. “Esplorate le vie per una pace giusta”, ha incalzato il pontefice il 12 ottobre nel terzo incontro in Vaticano con Volodymyr Zelensky e il presidente ucraino ha ringraziato la Santa Sede dell’assistenza fornita per riportare a casa gli ucraini prigionieri dei russi: un’assistenza che comprende la missione di pace svolta come inviato papale dal cardinale Matteo Zuppi presidente della Cei e dalla rete delle nunziature. Zelensky ha confermato di aver discusso in Segretaria di Stato la formula di pace, il ritorno dei bambini deportati e il rilascio degli ostaggi civili e dei prigionieri di guerra.

Anche l’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, ha parlato con Francesco. Gli ha riferito della tragica crisi umanitaria in corso, ha detto che “il pontefice è al fianco della nostra gente e lavora per fermare la guerra”. Poi, ricevuto dall’assemblea dei vescovi, ha fornito dati drammatici: più di 14 milioni di concittadini sono stati costretti ad abbandonare le loro case e sei milioni si sono rifugiati all’estero: “Pertanto ogni azione solidale e fraterna è per noi essenziale, accogliendo le nostre donne e i nostri bambini, l’Italia e l’Europa hanno meritato i ringraziamenti della società ucraina”.

Forse solo la Chiesa sa e può svolgere con efficacia e riservatezza un lavoro sotterraneo tanto prezioso e sollecito; che non esclude, quando occorre, il ricorso alle critiche severe, alla disapprovazione e al biasimo. Il segretario di Stato cardinale Pietro Parolin ha definito “genocidio” le azioni israeliane nella Striscia di Gaza e il papa ha detto chiaro e tondo che al terrore dell’attacco di Hamas non si può rispondere con altro terrore. Entrambe le affermazioni sono state fortemente contestate dalle autorità israeliane e un colloquio tra Francesco e il presidente israeliano Yitzhak Herzog ha avuto toni talmente duri da rimanere riservato.

Nei secoli passati gli ebrei hanno dovuto vivere nei ghetti, sono stati deportati, sterminati ed è giusto che abbiano una patria certa e sicura. Ma c’è modo e modo di difenderla, evitando mire espansionistiche e rispettando il diritto internazionale. È forse il caso di ricordare la Schindler’s list degli ebrei di Roma nella Seconda guerra mondiale, oltre tremila fuggiaschi salvati nelle chiese e nei conventi cattolici. In questo modo fra il ’43 e il ’44 quasi un terzo della comunità ebraica della capitale riuscì a sfuggire alla persecuzione nazifascista. Prima di girarsi dall’altra parte quando parla il papa, il cinico e vendicativo premier Netanyahu farebbe bene a non dimenticare.

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