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Politica

EPPUR SI MUOVE…

FABIO GANDINI - 18/10/2024

galimbertiEra il 18 ottobre 2021 il giorno in cui il responso popolare diede a Davide Galimberti la possibilità di esercitare il secondo mandato da sindaco di Varese. Sono passati esattamente tre anni.

L’avvocato varesino, come la volta prima, ebbe allora bisogno del ballottaggio per riconquistare la Città Giardino: dalla sua parte il 53,2% dei voti, da quella del candidato del centrodestra, il leghista Matteo Bianchi, il restante 46,8%. Quindici giorni prima il centrosinistra si era fermato al 48%, mentre Bianchi al 44,9%: nessuno spazio per gli outsider (terzo in classifica il grande amico-nemico interno del primo “governo” Galimberti, l’ex vicesindaco Daniele Zanzi, con il 2,8%).

La battaglia fu meno incerta di quanto dicano i numeri: pochi i dubbi sul bis prima del primo turno, solo qualcuno in più al secondo. Cinque anni prima era stato invece l’apparentamento – successivo alla prima tornata – della lista collegata a Stefano Malerba (oggi assessore allo Sport) a spostare i voti decisivi dall’imprenditore Paolo Orrigoni al rappresentante della controparte politica.

Che sindaco è stato, finora, Galimberti? Quale il suo gradimento tra i varesini? Quale la sua azione nell’ordinario e nello straordinario? Quali i meriti ma anche le pecche? Chi confonde la vita reale con quella virtuale, e usa esclusivamente i social network per dare un colore al mondo che lo circonda, si sorprenderà un giorno sì e l’altro pure dei due mandati galimbertiani e di come il nostro non sia stato ancora “defenestrato” da Palazzo Estense. Battute a parte, il primo cittadino prealpino su Facebook e dintorni gode infatti di scarsa popolarità: lo rivelano per esempio i commenti sotto gli articoli dei quotidiani online del Varesotto, nei quali fioccano in quantità critiche, quando va bene, giudizi tranchant quando va male, e insulti quando va malissimo.

A proporli una minoranza rumorosa e spavalda, piccolissima e inutile però davanti a una maggioranza silenziosa e determinante, almeno fino alle prossime elezioni. Per ora, a scrivere il vero, il trono di Galimberti non è mai stato messo in discussione da nulla e da nessuno.

Innanzitutto dal punto di vista politico, un terreno sul quale dal 2016 non esiste quasi partita a Varese. E nel centrosinistra e nel centrodestra. A gauche i grattacapi per l’avvocato sono arrivati solo dal già citato Zanzi, nei primi cinque anni, peraltro poi sopiti con forza: da lì in avanti quello galimbertiano è stato un assolo senza voci fuori dal coro, fermi, devoti e mansueti tutti i suoi alleati di una grande coalizione (c’è anche il M5S) che qui funziona mentre a Roma e altrove non ha mai trovato una vera quadra. Dall’altra parte, invece, a memoria si ricorda raramente un’opposizione così “spuntata”, così poco influente, così di retroguardia (anche nelle battaglie condotte) come quella che negli ultimi cinque anni siede nelle sedie di destra durante i consigli comunali del Salone Estense. I pochi consiglieri con l’esperienza e il potere per controbattere nel medesimo agone politico e retorico del sindaco – per esempio Emanuele Monti (Lega) e lo stesso Bianchi – sembrano distratti da altri compiti istituzionali e comunque impegnati soprattutto a livelli più alti (vedi il Pirellone).

Per riassumere basterebbe dire che oggi come oggi le assemblee cittadine sono quanto di più noioso e scontato e ininfluente che il menu della politica possa servire. Le decisioni si prendono tutte, e solidamente, altrove.

Dal punto di vista pratico, la Varese di Galimberti verrà ricordata come una Varese in cantiere: nessuno prima di lui aveva mai dato il via a così tanti cambiamenti nel tessuto urbano. La dolce e sonnacchiosa Città Giardino è in corso di ribaltamento e l’evenienza ha comportato dei pro ma anche dei contro, sopportati quotidianamente dai varesini. Ed è proprio ai disagi (più o meno inevitabili) che si aggrappano i cittadini “contro” e la parte politica che cerca di esserne pancia. A essi e a una supposta mancanza di sicurezza per le vie e le piazze della città, mancanza peraltro non suffragata dai numeri, né forse dall’opportunità della critica: la vis oratoria dell’opposizione – a Varese come altrove – dimentica che garantire la sicurezza del popolo è per lo più compito dello Stato nelle sue ramificazioni esecutive, non di un’amministrazione comunale.

Oltre 100 milioni ottenuti dal PNRR, tanti progetti inventati di proprio pugno e altrettanti pensati o finanziati dalle giunte precedenti o dalla Regione ma da questa giunta effettivamente iniziati. Le stazioni, l’ex caserma, le scuole, l’ex Aermacchi, il palazzetto dello sport, Biumo inferiore, Villa Baragiola, la rotonda di largo Flaiano, gli svincoli in via Gasparotto, l’ex Macello Civico…: difficile riportare in breve spazio un elenco esaustivo. Alcuni lavori sono già realtà, altri devono finire (e contribuiranno al giudizio finale su questa amministrazione), alcuni hanno beneficiato sicuramente di una contingenza economica migliore delle precedenti (vedi appunto i fondi calati dall’alto, che però bisognava intercettare), altri hanno visto e vedranno la luce grazie ad accordi con tanti privati con cui Galimberti ha saputo dialogare.

La critica più diffusa e più sentita (oltre a quelle relative al decoro stradale e alla manutenzione del verde pubblico, ambiti effettivamente talvolta disseminati di pecche nell’arco di questi ultimi anni)? La mancanza di una visione complessiva, come se la Varese del suo giovane capo amministrativo si fosse sempre mossa senza una direzione ben precisa.

Vero o no, qualcuno potrebbe controbattere la celebre frase di Galileo: eppur si muove…

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