Sessant’anni e non sentirli: Francesco Vescovi li ha festeggiati lo scorso 10 ottobre, in famiglia, prima di dedicarsi poi, nella stessa serata, a un avvenimento storico per il suo Geas, il ritorno in una competizione europea, l’Eurocup, dopo diversi decenni.
“In realtà, questi 60 anni un po’ si sentono – sorride Cecco – anche perché chi ha fatto sport a certi livelli si è mantenuto sempre in piena forma per tutta la sua carriera e quando affiora qualche acciacco lo avverte di più. Ma va bene così: adesso pensiamo ad arrivare a 70…”.
- Certi “passaggi epocali” inducono alle riflessioni: se si volta indietro che cosa pensa?
“Che sono stato molto fortunato: ho frequentato l’ambiente che, da bambino e da ragazzo, avevo sempre sognato. Ho avuto una carriera lunga e gratificante, ho incontrato lungo il mio percorso le persone giuste che mi hanno aiutato a crescere e non a tutti capita. Poi ci ho messo del mio, perché bisogna cavarsela con le difficoltà quotidiane e io sono stato determinato e testardo nella maniera giusta, pur commettendo anche qualche errore”.
- Gratificazioni che ci sono state anche nella vita privata…
“Assolutamente sì: con mia moglie Ivanita condivido la mia vita 24 ore su 24, ho due figli stupendi che mi hanno regalato grandi gioie: entrambi si sono laureati, lavorano e fanno sport per puro divertimento. La vita lavorativa, sportiva nel mio caso, conta, ma conta di più la famiglia, soprattutto quando ci sono dei figli: io sono stato fortunato ma credo anche di avere fatto, insieme con mia moglie, un buon lavoro…”.
- Domanda classica in questi casi a un uomo di sport: il momento che ricorda con maggiore emozione nella sua carriera e la delusione più cocente…
“Due i momenti più belli: la conquista dello scudetto della Stella, nel 1999, un traguardo inseguito per anni, e il debutto in Nazionale a Praga. Ricordi davvero indelebili. Quanto ai momenti più negativi… non saprei: delusioni ne ho provato parecchie ma per uno sportivo le sconfitte fanno parte del gioco e bisogna accettarle. E hanno assolutamente ragione coloro che sostengono che per imparare a vincere bisogna perdere: spesso si impara più dalle sconfitte che dalle vittorie”.
- C’è qualcosa che, col senno di poi, non rifarebbe?
“Da dirigente, non mi impegnerei per cose che poi non hanno avuto riscontro; ma riflettere col senno di poi è troppo facile. Da giocatore, penso che sarei dovuto andare prima via da Varese: credo che sarei cresciuto di più, sotto ogni punto di vista, senza dare molte cose per scontate”.
- In compenso, a Varese è e resterà a lungo l’uomo dei record: 694 presenze, 21 stagioni di fedeltà alla maglia…
“Mi pare che ormai le cosiddette bandiere abbiano ben poco valore. Nella NBA c’è ben altro rispetto per chi spende una carriera con la maglia di una stessa franchigia, da noi invece non c’è memoria storica”.
- Avere varato, tanti anni fa insieme con Michele Lo Nero, il Consorzio che ha mantenuto in vita la Pallacanestro Varese dovrebbe essere ancor oggi motivo di enorme soddisfazione…
“Sì, una soddisfazione; ma è anche stato il motivo per cui me ne sono andato dalla Pallacanestro Varese. È vero, nelle intenzioni il Consorzio si sarebbe dovuto via via espandere e avere sempre più associati, ma in realtà s’era creata una situazione per cui troppa gente parlava inutilmente e, soprattutto, non versava soldi ma proponeva soltanto uno scambio con merci o servizi. Io ero invece convinto che fosse necessario ridurre il numero dei soci, scegliendo quelli più “qualificati” e disposti a contribuire con il denaro”.
- Inaspettatamente, due anni e mezzo fa, è iniziata la bella avventura di Sesto San Giovanni nel basket femminile…
“Serviva una figura dirigenziale e una telefonata di Cinzia Zanotti (che è allenatrice ma anche molto di più per il Geas) mi ha convinto. Il Geas è un club storico, qui c’è grande entusiasmo e un bel progetto, che comprende anche la realizzazione di un nuovo palasport. Abbiamo individuato un terreno in territorio però di Cinisello Balsamo e gli architetti sono già al lavoro…”.
- Obiettivi stagionali?
“Confermarci nelle prime quattro o cinque del campionato ma senza pressioni: è ciò che Cinzia ed io abbiamo detto alla squadra. E poi c’è l’esperienza in Eurocup che abbiamo voluto provare. A fine stagione tireremo le somme”.
- E la Pallacanestro Varese?
“Difficile giudicare da fuori. Scola ha un progetto che richiede tempo. Quanto al gioco, mi pare che Varese estremizzi una filosofia di non facile applicazione; ma pure in questo caso servono tempo e anche un po’ di fortuna”.
You must be logged in to post a comment Login