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Parole

ACCETTO LEZIONI

MARGHERITA GIROMINI - 11/10/2024

Steinmeier a Marzabotto chiede perdono a nome della Germania

Steinmeier a Marzabotto chiede perdono a nome della Germania

Propongo di bandire dal linguaggio comune le frasi che ruotano intorno alla classica espressione “Non accetto lezioni da nessuno!”.

Penso alla plurisfruttata “Non accetto lezioni di democrazia” pronunciata da politici di varia estrazione spesso a sproposito se si considera che alcuni di loro avrebbero davvero bisogno di una lezione, di storia, di umanesimo, di cultura generale.

Capisco però chi ricorre a tali espressioni: lo fanno in tanti, anch’io io come gli altri.

In passato la consideravo un’affermazione di autorevolezza, perfetta per tacitare l’interlocutore saccente e oppositivo. Oggi età ed esperienza mi insegnano che dichiarazioni così perentorie sono in realtà un sintomo di debolezza, il tentativo di affermare la propria presunta superiorità troncando ogni ulteriore discussione.

Sarebbe onesto riconoscere che nella vita si accettano tante lezioni di diversa provenienza, non solo dai maestri accreditati: libri e romanzi sotto il velo della finzione ci trasmettono lezioni di vita; lezioni speciali possono arrivarci dai poeti che interpretano per noi sentimenti ed emozioni profonde; dagli scienziati, dalla cronaca della vita quotidiana, dalle relazioni interpersonali più mature. Si ricevono tante lezioni anche dai film, non necessariamente documentari, dove un regista ci mostra il suo punto di vista sul mondo.

Nel secolo breve che sta alle nostre spalle uomini speciali sono stati capaci di lezioni magistrali così potenti che sembrano essere scritte per il nostro presente.

Insuperabile il discorso di Martin Luther King, che afferma «Ho davanti a me un sogno, oggi!»

E il discorso di Kennedy a Berlino: «La libertà è indivisibile e quando un solo uomo è reso schiavo, nessuno è libero». Indietro nel tempo c’è la lettera di Abramo Lincoln all’insegnante di suo figlio a cui chiede di fare il possibile per insegnargli la vita: «Gli faccia imparare subito che i bulli sono i primi ad essere sconfitti».

Pochi giorni fa ci è giunta una lezione superlativa, di quelle a cui non troviamo niente da aggiungere: parole pesate una ad una, asciutte ed essenziali da sembrare scolpite nella pietra.

Le ha pronunciate il presidente della Repubblica tedesca Steinmeier nel chiedere perdono ai cittadini di Marzabotto per il male compiuto dai soldati tedeschi 80 anni fa.

Ha voluto onorare, di nuovo, le 770 vittime della strage nazista dimostrando che per orrori di tale portata non basta chiedere perdono una sola volta. Ha ricordato l’orrore, sottolineato la quantità del male seminato. Non ha cercato di nascondere la cruda realtà dei fatti; ha chiesto il permesso di poter condividere il dolore della comunità.

Descrivendo il male compiuto nelle sue pieghe più devastanti, lo ha ben definito: le parole che si pronunciano in queste occasioni restano “piccole” e non possono contenere tutto il dolore.

Steinmeier si è rivolto ai familiari e ai discendenti delle vittime che hanno avuto la forza di concedere al popolo tedesco “il dono preziosissimo” della riconciliazione oggi divenuta azione concreta con l’istituzione di una Scuola di Pace in Italia a cui fa riscontro la Scuola Internazionale di Pace della città di Brema.

L’emozione vibrava nell’aria: «Davanti a voi provo dolore e vergogna. Mi inchino davanti ai vostri morti. E a nome del mio popolo oggi vi chiedo perdono».

Grazie presidente Steinmeier. C’è sempre speranza quando si accetta di riconoscere e condividere, assimilandolo, il dolore altrui per intraprendere la faticosa via della riconciliazione tra i popoli.

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