Era un esordio osservato da tanti, quello di Amadeus sul Nove, il canale del danaroso gruppo Discovery che lo ha strappato a suon di milioni dalle braccia della madre/matrigna Rai. E dove ci sono i soldi e il successo – si sa – facilmente si concentra l’invidia. Così, il giorno del debutto, lo scorso 23 settembre, c’erano davanti allo schermo a guardare Amadeus forse più avvoltoi che speravano in un suo passo falso che spettatori incuriositi dalla sua proposta di spettacolo. Una proposta peraltro molto debole, ovverosia la pedissequa riproposizione di un format che su RaiUno gli aveva portato assai bene: “I soliti Ignoti”, qui ribattezzato “Chissà chi è”.
Uno share di poco superiore al 4% ha bagnato il debutto del conduttore ravennate: cifra importante per la rete, ma al di sotto di almeno un paio di punti dalle aspettative (non dichiarate) dello stesso Amadeus, che confidava e aspirava ad emulare il debutto col botto che giusto un anno fa di questi tempi concretizzava Fabio Fazio, l’ex star Rai che ha inaugurato la transumanza dall’azienda di Stato al porto americano del Nove.
Analoga sorte d’ascolto tiepidino (poco oltre il 6%) ha segnato la prima serata che lo stesso presentatore ha proposto il giorno del debutto, uno show musicale che era stato venduto come la risposta autunnale al Festival di Sanremo e che si è rivelato invece essere l’ennesima dimostrazione che la gara all’ombra del casinò contiene una sua magica e non replicabile specificità. La settimana prossima, Amadeus comincerà con la Corrida, altro format onusto di gloria e vetusto, vediamo come andrà.
Ma in questo esordio alla camomilla, ben lontano dai record d’ascolto che lo stesso “Ama” collezionava con stupefacente facilità su RaiUno fino a pochi mesi fa, si è rafforzata la convinzione di molti addetti ai lavori circa il fatto che nella televisione di oggi non siano i volti la chiave vincente dei programmi, ma i programmi stessi.
“Affari tuoi” condotto da Stefano De Martino veleggia su ascolti record a dispetto della personalità ancora piuttosto acerba del conduttore; la ‘pole position’ sui tasti del telecomando premia l’offerta televisiva ben più del suo effettivo valore, perché come diceva Costanzo, “la tv è essenzialmente abitudine”. A Fazio il trasloco era riuscito perché è lui stesso il format che porta in scena e il suo programma, costruito su di sè in anni e anni di sapiente lavoro di cesello, non ha emuli nè alternative pronte, così chi gradisce quella proposta non può far altro che cercarla, ovunque essa sia. Un quiz, sia pure gradevole e ben condotto, lo si trova invece con facilità e in questo caso, che sia al tasto 1 del telecomando o al tasto 9, fa molta differenza per quelle larghe schiere di pubblico (anziano, pigro, abitudinario, ma tant’è…) che compone il plafond su cui si calcola l’ascolto Auditel.
Insomma, Amadeus dovrà pazientare e lavorare alla ricostruzione quasi da zero del suo seguito, nessun magico trasferimento di pubblico dalla Rai gli faciliterà il lavoro. Ci riuscirà? Nei prossimi quattro anni per distrarsi dalle amarezze del lavorò avrà come hobby quello di contare i soldi previsti dal suo ricco contratto. Poi, mal che vada, tornerà in Rai, come un Pippo Baudo o una Raffaella Carrà qualsiasi, come loro ai tempi implorando un programmino su Raidue da cui ricominciare la scalata alle vette del tasto 1 del telecomando.
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