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Società

LA CHIESA È FEMMINA

SERGIO REDAELLI - 04/10/2024

Il castello Arenberg, oggi Università Cattolica di Lovanio

Il castello Arenberg, oggi Università Cattolica di Lovanio

La polemica è esplosa senza preavviso durante la visita per i 600 anni dell’università cattolica di Lovanio, nel Belgio fiammingo. Rispondendo a un messaggio degli studenti secondo cui “la teologia cattolica della donna ne esalta il ruolo materno e le proibisce l’accesso ai ministeri ordinati”, il papa è sbottato: “La Chiesa è femmina e non è una multinazionale. È brutto quando la donna vuole fare l’uomo. Il suo ruolo non dovrebbe essere costituito dal consenso e dalle ideologie”. Immediata la replica dell’ateneo che in una nota ufficiale ha definito conservatrici e incomprensibili le sue parole: “È una tesi riduttiva, ognuno deve avere il proprio ruolo nella società al di là del genere e dell’orientamento sessuale. La Chiesa segua lo stesso cammino senza discriminazioni”. Una reprimenda in piena regola.

Polemica senza preavviso, si diceva, ma non proprio a sorpresa. Nel saluto iniziale la rettrice aveva ricordato i meriti storici e quelli recenti dell’Université Catholique de Louvain che fu fondata il 9 dicembre 1425 da un papa italiano, Martino V Oddone Colonna, e da cui sono passati personaggi come Erasmo da Rotterdam e Tommaso Moro. Aveva lodato l’impegno dell’ateneo nell’accogliere gli studenti rifugiati (apprezzato da Francesco), aveva auspicato che la Chiesa riservi alle donne posti di rilievo incluso il sacerdozio, aveva elogiato i vescovi fiamminghi per le posizioni aperte sui temi dell’omosessualità e delle persone Lgbtq+. Argomenti certo delicati come quelli dell’aborto, degli abusi, del fine vita. Che non possono oscurare il ruolo innovativo che il papa comunque prova a svolgere, non da oggi, sulla questione femminile.

Basti ricordare l’appello recentemente rivolto alla commissione teologica internazionale affinché “smaschilizzi la Chiesa” e la riflessione affidata alle redattrici dell’inserto mensile dell’Osservatore Romano secondo cui “dove ci sono donne la Chiesa cambia e va avanti”. Da anni Bergoglio sceglie alti profili femminili per gestire settori chiave della Santa Sede: la segreteria generale del governatorato, il dicastero per la giustizia sociale, i migranti e il clima, la pontificia accademia per la vita, la direzione dei musei vaticani, la commissione per l’America latina, la selezione dei candidati vescovi in tutto il mondo, l’organizzazione degli incontri sulle donne del C9, i nove cardinali che lo coadiuvano nel grave compito di riformare la Chiesa.

Per non dire del provvedimento con cui ha modificato in modo strutturale il regolamento del Sinodo dei vescovi, l’organo consultivo della Chiesa, dopo aver ascoltato tutte le diocesi del pianeta da cui è giunto l’appello a valorizzare le donne con pari dignità degli uomini. Oggi prendono parte al Sinodo con diritto di voto 70 membri “non vescovi” di cui la metà donne tra religiosi, religiose, laici e laiche nominati direttamente dal papa; e cinque superiori generali femminili (e altrettanti maschili) eletti dalle rispettive organizzazioni. In tutto quaranta donne su un’assise di 370 membri votanti. Non sarà una rivoluzione, ma è un cambiamento importante.

L’apertura al voto dei laici e delle donne ha riacceso le polemiche di chi la giudica una Chiesa dogmaticamente traballante. Forse è invece il segnale di una nuova mentalità. Il vero nemico è il clericalismo, il virus del potere per il potere che cerca nella carriera comodi spazi da gestire e fa resistenza alle novità. In questo senso il papa ha parlato forse di una Chiesa che non è una multinazionale. I processi di cambiamento sono lenti, richiedono tempo e metodo, senza fretta. La strada è impervia ma il papa è abituato alle critiche. Sa che arrivano sia dalla Chiesa nordeuropea ultra-progressista, sia dall’agguerrita destra clericale statunitense ultraconservatrice o indietrista, come la definisce Francesco, che lo accusa di eresia e minaccia lo scisma.

Ciascuna parte lo tira per la mozzetta ed egli prosegue come può l’opera di rinnovamento verso una Chiesa inclusiva. Lontana anni luce – è bene tenerlo presente come punto di riferimento – da quanto accadeva una volta nel segreto dei palazzi apostolici, dove il ruolo femminile rispondeva a una logica nepotistica-matrimoniale e le donne erano la risorsa per costruire e consolidare legami sociali e politici, per promuovere strategie familiari, dirottare patrimoni ecclesiastici, dispensare favori, privilegi ed esenzioni. Se ancora oggi le donne sono escluse dal sacerdozio, in passato figure femminili come Giulia Farnese, Lucrezia Borgia, Caterina Medici erano parte di un potere curiale e di un sistema di governo fondato sul familismo e il nepotismo. Secoli lontani? D’accordo, ma la strada da fare è ancora lunga.

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