Nel Vangelo non c’è scritto che non bisogna avere nemici. Gesù è realista e ci provoca a una reazione che evangelizzi una svolta.
Se vale la logica dell’“occhio per occhio”, non si ottiene nulla e ci guadagnano solo gli oculisti. Al tempo di Gesù, però, era considerato un traguardo sociale: la proporzionalità della pena. Quel criterio sanciva che si può infliggere solo un danno corrispondente all’ingiustizia subita. Ma non di più.
Sembra ovvio, ma non è scontato. Quante volte a un torto reagisco in modo smisurato per urla, esagerato per ripicca, eccessivo nel ferire? Il prurito di rispondere al male col male, causa una spirale da cui non si esce più. “Dente per dente” alla fine rende sia uno che l’altro per-dente.
Gesù ci spinge ad un livello ulteriore: dalla parità giustizialista a una scelta che spiazza il nemico.
Ma per porgere l’altra guancia serve una cosa non così facile da rintracciare: la faccia. Per porgere la guancia bisogna non avere la faccia mascherata. L’allegria dei bambini (truccati a Carnevale) stride con la tristezza degli adulti che sono così sempre per mancanza di personalità, di autostima, valori e principi.
Per porgere la guancia bisogna avere una sola faccia e non tante da cambiare secondo l’occasione e la compagnia.
Per porgere la guancia bisogna metterci la faccia. Se non ci mettiamo in questione, ci troveremo accartocciati, accecati e sdentati, impegnati solo a schivare batoste, quelle che ribaltano le tante favole che ci facciamo.
“L’altra guancia” è quella della propria anima. Abbiamo bisogno di riscoprire i lineamenti del ritratto della nostra interiorità cioè il volto della nostra coscienza.
Impareremo prima a misurare in modo diverso le batoste, poi a cercare di comprendere le motivazioni degli avversari e infine ad amare i nemici più difficili: quelli dentro di noi.
Impareremo a strizzare l’occhiolino al posto di cavarlo, a far vedere i denti in un sorriso invece che mostrare i canini, porgendo la guancia della coerenza ai colpi dell’ipocrisia, la guancia della tenerezza per dare scacco all’ira, la guancia della cortesia alle sberle della cafoneria, la guancia della qualità agli attacchi del ribasso, la guancia della speranza ai pugni del pessimismo, la guancia della premura ai ceffoni delle pretese, ma innanzitutto porgendo la guancia a sé stessi.
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