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Attualità

INDIZIO DI VITA

FLAVIO VANETTI - 26/09/2024

marsLa faccia che può sembrare solo una pareidolia, ma che oltre ad assomigliare a un emoticon dal volto sorridente testimonia in realtà – a detta dei ricercatori – ciò che resta di un antico lago. E poi un “buco” largo 35 metri che sta attirando l’attenzione degli scienziati. Marte non finisce mai di sorprendere e di reiterare la madre di tutte le domande: sul Pianeta Rosso un tempo c’era vita e in quali termini? E c’è vita pure oggi, magari semplicemente allo stato microbico? Gli appassionati degli Alieni allungano poi il tiro, ipotizzando che su Marte ci fu una civiltà evoluta che o fu costretta ad abbandonare un pianeta diventato sempre più invivibile o rimase travolta da una catastrofe di portata enorme.

Tra scienza e fantascienza è sempre difficile trovare un punto di contatto, ma intanto il nuovo volto – non il primo scoperto sulla superficie marziana – c’è ed è stato immortalato dall’ExoMars Trace Gas Orbiter dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), che dal 2016 analizza i livelli di metano e di altri gas nell’atmosfera del pianeta. La “smiley face”, la cui foto rientra in uno studio pubblicato dal magazine Scientific Data, potrebbe comunque essere un indizio importante per la presenza di vita. Si vede solo con le telecamere ad infrarossi e la struttura a detta degli esperti è appunto il residuo di un lago prosciugatosi miliardi di anni fa (va peraltro ricordato che in estate si è ipotizzata la presenza di uno smisurato oceano sotto la superficie e che sono state identificate almeno 150.000 tonnellate di acqua gelata sulle vette di alcuni vulcani).

L’ESA ha condiviso l’immagine in un post uscito su Instagram il 7 settembre scorso: “Una volta un mondo di fiumi, laghi e forse oceani, Marte ora rivela i suoi segreti attraverso depositi di sale di cloruro trovati dal nostro ExoMars Trace Gas Orbiter. I depositi, resti di antichi corpi idrici, sono una traccia di aree potenzialmente abitabili risalenti a miliardi di anni fa. La scoperta di quasi un migliaio di potenziali siti offre nuove intuizioni sul clima di Marte e sulla sua vita passata”. In totale il team ha identificato 965 differenti depositi e la cosa “è particolarmente importante perché possono fornire condizioni ottimali per l’attività biologica e la conservazione. Per questa ragione – dice una nota a commento – sono un obiettivo primario per l’esplorazione astrobiologica”.

E ora eccoci all’apertura di 35 metri di diametro, situata nella regione di Arsia Mons, uno dei vulcani spenti più imponenti del Pianeta Rosso. Il buco, osservato e fotografato per la prima volta dal Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa il 15 agosto 2022, è una formazione geologica che si distingue per la sua forma perfettamente circolare. Con una profondità stimata intorno ai 20 metri, ha pareti lisce e verticali che sembrano sfidare le normali aspettative riguardo alle formazioni vulcaniche o da impatto meteoritico su Marte. Le immagini catturate dalla sonda spaziale, mentre si trovava a circa 256 chilometri sopra la superficie marziana, hanno fornito agli scienziati un livello di dettaglio che ha permesso di iniziare a formulare alcune ipotesi sulla natura del buco. La prima (piuttosto accreditata) è il crollo di un tunnel lavico, collegato a una rete di canali sotterranei. La seconda teorizza un pozzo vulcanico, ovvero una struttura che si forma quando il magma si ritira all’interno del vulcano lasciando dietro di sé una cavità che può successivamente collassare. Tuttavia, anche questa soluzione presenta delle criticità: i pozzi vulcanici conosciuti, infatti, tendono ad avere pareti più irregolari e meno verticali rispetto a quelle osservate in questo caso. Una terza ipotesi, infine, è quella dell’azione di un meteorite. Ma i dubbi non mancano, a cominciare dal fatto che la perfetta simmetria e le pareti lisce sono insolite per un cratere da impatto, che di solito presenta bordi frastagliati e detriti circostanti.

La scoperta del buco solleva numerose domande non solo sulla sua origine, ma anche sulle potenziali implicazioni per la geologia e l’astrobiologia marziana. Se il foro fosse effettivamente collegato a tunnel o cavità sotterranee, potrebbe fornire importanti indizi sulla storia vulcanica di Marte e sulle condizioni ambientali che potrebbero aver ospitato forme di vita nel passato. Una delle implicazioni più interessanti riguarda le future missioni umane su Marte. La ricerca sull’apertura è ancora in una fase preliminare e gli scienziati stanno continuando a raccogliere dati e a sviluppare nuove tecnologie per esplorarne natura e origine. A meno che la formazione abbia avuto origine da un’antica civiltà autoctona, oppure da sconosciuti colonizzatori. Allo stato attuale delle ricerche non si può scartare nemmeno questo, oltretutto in relazione a certe evidenze che parrebbero documentare che sul Monte Sharp giacciono le rovine di una grande città risalente a non più di ventimila anni fa.

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